Il diritto al benessere nei Paesi ricchi. Bambini e adolescenti ai margini.
Spesso siamo portati a pensare alla disuguaglianza e alla povertà – in particolare ai loro riflessi sulla salute – come a un insieme di condizioni lontane dalla nostra vita quotidiana. O quali caratteristiche di minoranze della popolazione, che immaginiamo abbastanza lontane da noi. Eppure la realtà sembra fornirci, con una frequenza in graduale aumento, esempi concreti del loro peso e del loro coesistere accanto a quello che consideriamo oggi il benessere per i nostri piccoli e giovani in crescita.
La Report Card 9 dell’Unicef “Bambini e adolescenti ai margini”, analizzando con intensa scientificità le disuguaglianze nel benessere dei bambini in ventiquattro Paesi tra i più ricchi del mondo, ci aiuta a rispondere a una domanda importante.
Quanto i Paesi ricchi permettono ai loro bambini più svantaggiati di rimanere indietro?
«La reale misura della situazione di una nazione è il modo in cui questa si prende cura dei suoi bambini e dei suoi adolescenti, della loro salute e sicurezza, della loro protezione materiale, della loro istruzione e socializzazione, e del loro sentirsi amati, apprezzati e inclusi nelle famiglie e nelle società in cui sono nati. Proteggere i bambini durante gli anni cruciali e vulnerabili dello sviluppo è tanto segno di una società civile quanto il mezzo per costruire un futuro migliore».
Questa premessa, condivisa da tutta la serie delle Innocenti Report card, concepite per monitorare e comparare i risultati dei paesi OCSE* nell’assicurare il rispetto dei diritti dell’infanzia, ci invita a osservare «quei bambini che rischiano di non essere né inclusi né protetti dalle società economicamente avanzate in cui vivono». È evidente che «crescere in condizioni di povertà comporta un rischio maggiore di avere un basso livello di salute, un ridotto sviluppo cognitivo, uno scarso rendimento scolastico, minori capacità e aspirazioni, e alla fine un reddito inferiore nell’età adulta, contribuendo a trasmettere le condizioni di svantaggio da una generazione all’altra».
La prospettiva dalla quale siamo guidati a considerare le disuguaglianze nel benessere non è la distanza tra il livello più elevato e quello più basso della sua distribuzione in un paese, ma la distanza tra il livello mediano e la fascia più bassa della stessa. In effetti, il valore mediano rappresenta ciò che un dato contesto sociale considera normale o il minimo auspicabile. Ed è proprio l’allontanarsi da questo valore a favorire il rischio di esclusione sociale.
Definire una misura oggettiva della disuguaglianza, scegliendo di osservarla esclusivamente nella parte inferiore della sua distribuzione, permette anche di valutare l’impegno e l’efficacia di ciascun Paese in rapporto agli standard raggiunti dai Paesi che presentano i migliori risultati nel limitare la stessa potenziale disuguaglianza. Pur non essendo l’ideale a cui aspirare, le migliori performance raggiunte da alcuni stati possono suggerire con efficacia e praticabilità un «livello di divario nel benessere al di sotto del quale non è manifestatamente inevitabile arrivare».
Arriva forte e diretto il sollecito a una nuova riflessione. «Vi è un punto oltre il quale rimanere indietro non è inevitabile ma politicamente evitabile, non ineluttabile ma inaccettabile, non semplicemente disuguaglianza ma iniquità?».
Essendo il risultato di diverse condizioni in interazione, il benessere dovrebbe essere misurato in più dimensioni. Il report ha scelto di percorrerne tre: il benessere materiale, quello relativo all’istruzione e quello relativo alla salute, integrando a esse l’idea che «le politiche volte a ridurre la disuguaglianza nella parte inferiore della distribuzione per i bambini devono affrontare le diverse dimensioni dello svantaggio, sia individualmente, sia collettivamente».
I risultati presentati sono numerosi e la loro interpretazione è attentamente guidata, rendendone favorevole la comprensione anche per i non addetti ai lavori. Accanto a un’accurata analisi statistica, ricca di rappresentazioni grafiche mirate a evidenziare i confronti tra i Paesi, fioriscono continui punti di riflessione e discussione, con richiami a diverse prospettive, storiche e attuali, che su più fronti animano il dibattito sulla tematica. Sarebbe penalizzante e limitato riassumere le considerazioni e i risultati in poche righe. Rispetto a ciascuna delle tre dimensioni del benessere, emergono chiaramente notevoli differenze negli sforzi nazionali e nell’efficacia di tali impegni per ridurre il divario, nelle sue condizioni penalizzanti. Interessante prendere visione della posizione del nostro Paese in tutte e tre le dimensioni misurate e in rapporto agli altri Paesi.
Una visione d’insieme internazionale offre certamente preziosi spunti di riflessione all’interno dei singoli dibattiti nazionali già in corso, ma anche per quelli che sarà più che mai necessario intraprendere.
Conclude il report la riflessione su un’altra povertà: il tempo che i genitori dedicano ai loro figli. Forse una delle più difficili da misurare, poiché condizionata da molti fattori, questa povertà è nettamente influenzata dal reddito familiare, quindi strettamente collegata alla prima delle tre dimensioni indagate. A proposito di questa viene più volte sottolineato che «ridurre le disuguaglianze nella parte inferiore della distribuzione del reddito non risolverebbe tutti gli altri problemi, ma ne renderebbe più facile la soluzione. Salire la scala socio-economica diventa più facile se i gradini sono più bassi». In evidenza il ruolo dei servizi pubblici, sempre più incaricati di sostituire il tempo dei genitori, e l’aspetto protettivo e di sostegno che tali servizi possono offrire quando sono di alta qualità. Ad esempio, «un Paese che investe in un’assistenza prescolare di alta qualità può ridurre il tempo trascorso insieme tra genitori e figli senza necessariamente compromettere il processo di interazione e di stimolo necessario per lo sviluppo del bambino. E la preoccupazione che i servizi pubblici possano sostituire il tempo dei genitori non sembra essere sostanziata dai dati disponibili».
UNICEF 2010. Bambini ed adolescenti ai margini: un quadro comparativo sulla disuguaglianza nel benessere dei bambini nei Paesi ricchi. Innocenti card 9. Centro di ricerca Innocenti dell’UNICEF, Firenze.
*OCSE, Stati membri della OECD, Organisation for Economic Co-operation and Development. Dei trentuno Paesi membri alla data del 31 marzo 2010, sono stati considerati i ventiquattro Paesi che disponevano di dati sufficienti per essere inclusi nella comparazione finale.
Beatrice Sartini