Emozioni spagnole
Schizzi di cinque giorni andalusi, disegnati attraverso i miei pensieri, ritraggono un viaggio di rinascita silenziosa con arrivo in me stessa.
L’esperienza lenta e vitale di un viaggio da soli. La compagnia che ogni posto del mondo può donare a chi rimane aperto a riceverla. (Foto: © Beatrice Sartini)
Il passeggio nervoso delle persone in attesa di partire o di tornare mi contagia e, senza motivo, aumento la velocità alla quale guido il bagaglio verso il monitor dei gates. Il clack della cintura mi fa sentire sicura. Perdo lo sguardo tra le nuvole, finché mi lasciano sola anche loro. Chiudo gli occhi.
Liberata dai pensieri, stringo la mano all’Andalusia. La terra color rosso mattone della Sierra Nevada emana un grande calore, ancor prima di toccarla. A terra il caldo mi raggiunge con la sua danza, più evidente vicino all’asfalto; i cactus spontanei ai bordi della strada ne incorniciano il ritmo.
So di avere molte cose da scoprire e la paura mi coglie impreparata.
Mi appoggio su una delle panchine della bianca Plaza Nueva, ascoltando il rumore continuo dell’acqua che cade nella fontana dietro di me. Un giovane mi prende la valigia, con un sorriso gentile mi aiuta ad interpretare la mia cartina. Scesa dal suo taxi, attraversati i vicoli intricati, ci salutiamo come due conoscenti.
Sento che tutto verrà da sé, perché la fortuna premia il coraggio e arriva per chi ha bisogno di lei.
Grande brulichio di gente, profumo di tapas dalle farciture fantasiose, fette spesse, irregolari e violacee di jamon, bicchieri di birra appannati sui tavoli all’aperto. Ragazzi con gli occhi grandi, i lineamenti decisi e i riccioli scuri, donne vestite di abiti leggeri dalle fantasie colorate. Rubo i loro discorsi interpretandoli nel senso generale. Sono maestri di convivialità innata, sanno farla uscire dal cuore e renderla visibile nei gesti più semplici.
Mille profumi confusi, resi più intensi dal caldo, mi guidano fuori da un labirinto di vie del centro verso il mercatino di erbe e spezie, decisamente troppo aromatico per il mio naso europeo. La voce del campanile mi suggerisce che è già mezzanotte. Giovani, mamme che spingono passeggini e anziani che si tengono per mano, gustano ancora la loro città senza fretta.
Inizia la musica di chitarra che accompagna due voci maschili. Le donne giovani battono il tempo coi tacchi pesanti.
Finalmente entra la donna anziana, vestita di nero, la schiena disegnata dal pizzo, i pollici infilati dentro le maniche allungate a coprire il dorso della mano. Il trucco prezioso, sul viso segnato dal tempo dedicato a tramandare la tradizione del flamenco. Il baccano frenetico sale e scende coi passi. Li seguo tutti, fino all’ultimo, ascoltando il mio ritmo.
I colori preziosi dei fiori mi guidano tra i sentieri dell’Alhambra. I merletti di marmi lucenti alla luce del mattino si specchiano nell’acqua. Dall’alto della Torre de la Vela posso allungare lo sguardo e vedere oltre le cose.
A piedi scalzi, sento il calore del marmo. Le stelle sulla volta fanno filtrare un filo di luce solare dall’esterno. Distendo i muscoli al calore intenso della prima acqua in cui mi immergo, per tonificarli infine nella vasca più fredda. Sorseggio con calma un bicchiere di tè alla menta dolcissimo. Esco dall’Hammam lasciando alle spalle le vecchie tensioni.
Curiosità e cultura. Ammiro prima degli animali volanti e infine la vascolarizzazione del corpo umano. Entro nel piccolo paradiso del Parco delle scienze, dove una tartaruga mi accoglie silenziosamente. Due o tre farfalle mi volano attorno mentre osservo piante e fiori nel loro ambiente naturale.
Il souk arabo si arrampica ripido come la strada su cui è adagiato. Si alternano fittissime piccole botteghe e teterie. Respiro i profumi di erbe pazienti in infusione, di incensi e di saponi per il corpo, mentre cammino nel luccichio di orecchini di rame e del legno intarsiato lucido delle scacchiere e delle chitarre realizzate a mano.
Felice, saluto dal finestrino tutti questi momenti vissuti a Granada. Non avrò più bisogno di lei e non tornerò a trovarla. L’ho capita e posso portarne il senso dentro di me. Non ne sentirò nostalgia, ho superato la durezza della solitudine e ne apprezzo la sua incredibile bellezza. Ho sentito di non essere sola, accogliendo ciò che arriva spontaneamente e ora posso imparare a condividere.
Beatrice Sartini