Dormire: un’efficace medicina per cicatrizzare le ferite della mente
Gli studiosi dell’Università californiana di Berkeley sembrano non avere dubbi: una buona dormita è la miglior terapia per l’eliminazione dei ricordi dolorosi. Ciò avverrebbe in virtù del calo, durante alcune fasi del sonno, delle sostanze chimiche proprie dello stress.
Dormire fa bene e ciò è dimostrabile scientificamente. La notizia è stata di recente pubblicata su «Current Biology», una rivista d’informazione scientifica d’Oltreoceano. A dire il vero, l’annuncio non è di quelli che portino a sobbalzare sulla sedia per lo stupore della “rivelazione”: la saggezza popolare, che spesso opera su base empirica al pari degli enti di ricerca, da tempo decanta le virtù terapeutiche del dormire. Tuttavia, la componente scientifica della ricerca, effettuata dagli studiosi dell’Università di Berkeley e riportata dalla rivista americana, fornisce un valore aggiunto, spiegando perché, oltre che ristoro fisico, il sonno procuri serenità e rilassamento a livello psicologico. Durante il sonno, infatti, il cervello riesce ad annientare le sostanze chimiche riconducibili allo stress, come ad esempio la norepinefrina e con queste, i cattivi ricordi delle esperienze negative generatrici di tale tensione. I ricercatori californiani sono giunti a questa conclusione notando che i volontari cui erano state fatte vedere, prima di una notte di sonno, immagini in grado di procurare turbamento, il giorno dopo, rivedendo le stesse immagini, dopo avere riposato, mostravano reazioni più blande. Le reazioni delle persone che avevano visionato le immagini nell’arco della stessa giornata, senza alcun intervallo di riposo, non erano invece soggette ad alcun “attutimento” tra la prima e la seconda osservazione. Il sonno in generale e l’attività onirica in particolare, a parere degli studiosi, rimuoverebbero dalla mente ansie e timori generati da immagini sconvolgenti o da esperienze dolorose per la psiche.
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I momenti più terapeutici del sonno sarebbero quelli delle fasi REM (Rapid eye movement), quelli cioè con maggiore attività cerebrale e onirica, che in genere si ripetono ogni circa due ore di sonno, per una durata di una ventina di minuti. I“fan” del sonno ristoratore sono probabilmente destinati ad aumentare di numero, visto il conforto scientifico dei benefici di tale attività. Già ora, comunque, gli “adepti” di Morfeo sembrano essere parecchi. Si provi a dare un’occhiata su Facebook, dove si possono trovare numerose pagine dedicate al dormire, alcune delle quali sfiorano addirittura il mezzo milione di contatti. Niente male, in una società iperattiva come quella occidentale. Ma anche andando indietro nel tempo, ritroviamo insospettabili e illustri “cultori” della dormita terapeutica. Shakespeare, ad esempio, era uno di questi. L’Amleto ne è la prova. È noto a tutti che quest’ultimo sia divenuto famoso per il celebre dissertare sull’«essere o non essere». A qualcuno sarà però probabilmente sfuggito che, pochi versi dopo l’esternazione di tale dilemma, il dubbioso personaggio shakespiriano non ha invece alcun dubbio nell’affermare che «by a sleep we end the heartache and the thousand natural shocks». Insomma, scienza e la letteratura, in questo caso, pur nella naturale diversità dei percorsi logico-deduttivi, sono giunti alla medesima conclusione.
Raffaele Basile
Foto tratta dall’album “Dal buio”, di Matteo Teti http://flic.kr/p/4camk1