Crescono i musulmani in Italia: la sfida dell’integrazione

Con il crescere del numero dei musulmani in Italia, il processo di integrazione sociale e culturale diventa ogni giorno di più una necessità. Superare le paure e le incomprensioni è la sfida per riuscire a creare un Paese realmente multietnico. (Foto: Flickr cc murdelta)

La sfida dell’integrazione è cominciata. Questa semplice affermazione – quasi banale a dire il vero – rappresenta la naturale conseguenza del crescente numero di musulmani in Italia. Tra immigrati ed italiani convertiti, i fedeli dell’Islam hanno superato ormai il milione e mezzo e, salvo un’imprevista inversione di tendenza, questo numero sembra destinato a salire, rendendo indispensabile un maggiore impegno per l’integrazione rispetto al passato.
Nella storia repubblicana del nostro Paese, infatti, il fenomeno immigrazione è relativamente recente. Per lungo tempo l’Italia è stata territorio di emigrazione e solo da pochi decenni le nostre città sono divenute luogo di destinazione – e non solo di passaggio – dell’immigrazione straniera. La convivenza tra popoli di diverse culture e religioni si è dunque trasformata in un’esigenza comune che ha incontrato, però, qualche difficoltà. Ad alimentarle sono stati principalmente due fattori: la diffidenza generata dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 e l’affermazione politica di partiti contrari all’immigrazione.
Questi movimenti, che imputano agli immigrati presunti danni economici e sociali, hanno cavalcato il malcontento con successi alterni, dimostrando una parziale mancanza di maturità del Paese di fronte al fenomeno immigrazione. Parallelamente, il timore di una penetrazione di gruppi terroristici – accresciuto nella maggioranza dei casi da un’errata percezione dell’Islam – ha alimentato una certa diffidenza nella popolazione. Le perquisizioni e l’arresto di diverse persone appartenenti a gruppi di stampo jihadista – compiuti in diverse città d’Italia tra le quali Cagliari, Pesaro e Milano – hanno riacceso il timore di un’infiltrazione terroristica. Ma le probabilità che un simile fenomeno prenda piede sono remote. L’unico reale fattore di rischio è la segregazione culturale e sociale, talvolta manifestatasi con episodi di ghettizzazione e di intolleranza – come l’opposizione alla costruzione di moschee – che rischiano di alimentare il malcontento.
Evitare che questo accada è possibile. Il primo passo per una vera integrazione è infatti tanto facile da individuare quanto arduo da mettere in pratica: favorire l’incontro e la conoscenza tra le diverse culture. L’integrazione è un processo complesso, che richiede un grande sforzo di comprensione reciproco che nel recente passato è in parte mancato. Delle tante iniziative che si sono sviluppate nel nostro Paese – tra cui prevalgono i corsi di lingua e storia italiana –, la maggior parte coinvolge quasi esclusivamente l’immigrato. Se pur fondamentali per facilitarne l’inserimento, queste attività devono essere affiancate da altre che favoriscano la conoscenza della storia, della cultura e dei valori dell’Islam da parte del popolo italiano. Attività che contribuiscano a sfatare quella serie di miti e luoghi comuni che si sono lentamente radicati.
Da questo punto di vista, si può certamente leggere positivamente la giornata dell’amicizia cristiano-musulmana – che si celebra in tutta Italia il 27 ottobre – ma sono necessarie iniziative meno episodiche che favoriscano l’incontro nel quotidiano. A venirci in aiuto in questo senso sono i numerosi eventi di stampo culturale, spesso musicale, che associazioni di varia estrazione, promosse da cittadini italiani ed immigrati, organizzano in tutto il Paese. Manifestazioni che mettono al centro la condivisione di un ideale comune: le differenze che ci caratterizzano non sono una debolezza. Rappresentano invece un’occasione di arricchimento culturale, il potenziale per un’esplosione di nuove idee ed energie che non potranno che renderci migliori.

Alessandro Turco

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