Wrecking Ball: tutta la rabbia di un sogno perduto
A gennaio è uscito in anteprima il singolo We take care of our own, il 6 marzo esce Wrecking Ball, il nuovo album di Bruce Springsteen, e il 18 marzo partirà da Atlanta il tour internazionale, con tre date italiane. Ma qual è il senso di quest’album, definito dal Boss il più arrabbiato dei suoi dischi? (Foto: www.brucespringsteen.net)
Who stop the rain? L’America a stelle e a strisce non basta più. Il verde del dollaro si è sbiadito. Quante volte abbiamo sognato quella Terra Promessa, quando c’era poco o niente al di là del giardino americano! Ma il sogno è stato tradito e il mito americano vacilla insieme alla globalizzazione. Sì, noi vorremmo essere ancora lì: ad Asbury Park. «Ho inseguito quel sogno proprio come fanno i ragazzi sullo schermo… quando la speranza finì, morirono anche un po’ dei miei sogni… tra vie senza uscita e posti malfamati e quando la promessa è stata infranta, dei miei sogni ho riscosso le briciole. » (The Promise).
Bruce Spingsteen lo abbiamo amato e lo abbiamo cantato. Da sempre impegnato a denunciare gloria e misfatti della sua “Grande Patria”, ha attraversato 62 anni di storia degli Stati Uniti d’America intonando ballad che sono diventate “Inno”. Dalla vita monotona nella grigia cittadina natale del New Jersey alla guerra in Vietnam, dal crollo delle torri gemelle alla campagna per il Presidente Obama, Bruce scrive per la libertà, dove lo spazio sociale s’identifica con lo spazio individuale. E, in questo mondo che crolla verso la catastrofe, ecco arrivare ancora il Boss a definire il senso della nostra posizione culturale. Ma che significato ha un nuovo tour, un nuovo album rock, quando il rock sembra non avere più alcuna forza evocativa? Possiamo ancora sognare un mondo libero, dove ognuno possa esprimere se stesso al meglio: un’America interiore, dove il “Grande Gatsby” siamo noi?
Nella sua musica non c’è spazio per rilassamenti o compromessi, è prima di tutto un manifesto, una dichiarazione con cui si deve fare i conti. La parola “rock” acquista il significato d’impegno umano, prima che sociale. Nati per correre, nati per fare, nati per essere; non per parlare, non per dominare. Si potrebbe pensare che Bruce sia un prodotto del nazionalismo americano, ma la sua lirica non è prigioniera di un sistema di governo o di città prigione e lentamente, ma con forza, ci guida verso un destino da costruire giorno dopo giorno.
Tocca a noi non dichiararci vinti, non aspettare che arrivino “i nostri” a salvarci dalla disfatta. Siamo noi che dobbiamo alzarci in prima persona e combattere per i valori in cui abbiamo sempre creduto, per la nostra libertà, per i nostri sogni, per realizzare la nostra terra promessa. Non possiamo restare inermi ed assistere al fallimento dei nostri ideali, dobbiamo cantare in coro la nostra protesta e non mollare. È tempo di prendere coscienza di ciò che sta accadendo, non servono leader giusti o sbagliati, adesso basta! «Stavo bussando alla porta del trono, stavo cercando la mappa che mi conduce a casa, stavo inciampando nei cuori buoni diventati di sasso, quelle buone intenzioni si sono seccate come le ossa. Ci preoccupiamo per noi stessi, in qualsiasi posto la bandiera sia sventolata.» (We take care of our own).
L’elogio della fuga ha lasciato il posto all’azione. Sarà forse questo il significato della “palla demolitrice” di Wrecking Ball?
Erino Poli