Bipolarismo: quando un pizzico di maniacalità è sintomo di creatività
Alcuni recenti dati statunitensi parlano chiaro: tra coloro che svolgono professioni creative la percentuale di maniaco-depressivi è nettamente superiore (oltre l’8%) alla popolazione generale (solo dell’1%). Si può dunque parlare di un legame stretto tra arte e disagio psichico?
Van Gogh – Autoritratto (particolare)
«La stessa persona è, in un periodo, al culmine della felicità e, in un altro, della disperazione; è una malattia che provoca gravi sofferenze, ma è intimamente legata alla vita stessa, in particolare all’eros e alla creatività».
Così il Dottor Athanasios Koukopoulos descrive il disturbo bipolare nella postfazione del libro Lunatica. Storia di una mente bipolare di Alessandra Arachi.
Ma che caratteristiche presenta questo particolare disturbo dell’umore di cui ultimamente si sente spesso parlare, soprattutto nel mondo dello spettacolo?
Il disturbo bipolare è una forma grave del disturbo dell’umore, in cui la persona interessata vive alterazioni del tono dell’umore con polarità estreme di euforia-irritabilità e tristezza-disperazione.
Tale stato mentale è anche chiamato “malattia dei geni”, proprio perché la storia pullula di illustri personaggi (artisti, musicisti, scrittori, scienziati, politici, filosofi) accomunati da tal disturbo.
Ebbene sì, figure come Michelangelo, Cromwel, Edison, Lilcoln soffrivano di Bipolarismo.
Nel romanzo Touched by fire (trad.it “Toccato dal fuoco”,TEA 2009) la dott.ssa Kay Redfield Jamison, professoressa statunitense di psichiatria, cerca di svelare il legame nascosto tra genio creativo e follia, raccontando le vite di personaggi famosi, come Virginia Woolf, Vincent Van Gogh, Ernest Hemingway Lord Byron.
La Jamison suggerisce che la depressione e gli stati euforici attribuiscano alla persona bipolare una capacità di introspezione tale da poterla esprimerla in forma artistica o creativa, tanto che lei stessa afferma di aver prodotto buona parte del suo lavoro in periodi di ipomaniacalità.
Il legame quindi esisterebbe, anche se Gray Murray (Swinburne University of Technology Australia) e Shery Johnson (Università della California) in un articolo pubblicato di recente su «Clinical Psychological Review» sottolineano che questo legame deve ancora essere dimostrato in maniera definitiva.
La spiegazione neurobiologica, invece, potrebbe essere nella dopamina, sostanza che si trova nella parte del cervello chiamato “circuito della gratificazione”, responsabile di stati d’animo positivi e maniacali: «rispetto all’umore neutrale, lo stato d’animo positivo è associato con l’incremento dell’originalità», sostengono Murray e Johnson.
Il rapporto bipolarismo-arte appena menzionato non sembra essere però così rigoroso: chi soffre delle forme maniacali più gravi, infatti, è meno creativo rispetto a chi soffre di forme più “leggere”.
Per essere creativi quindi, bisogna essere un po’ “folli”, ma non in maniera eccessiva.
Un tocco di maniacalità, può essere dunque la chiave per sprigionare arte e creatività.
Del resto, come sosteneva Diderot: «Genio e follia si toccano da vicino» e a questo punto, come dargli torto?
Sharon Evangelisti
Foto: http://www.flickr.com/photos/39514369%40N02/3755976254