.|Nascita di un correttore di bozze|.

Antoine aveva imparato all’università che la filologia era la scienza che aveva l’arduo compito di ripristinare la forma originaria dei testi, correggere gli errori e rendere un libro il più vicino possibile all’originale dell’autore. Le lezioni di filologia classica e romanza, con due docenti che lui considerava ottimi, avevano ampiamente inciso sulla sua formazione, regalandogli un bagaglio che, appena uscito da Parigi, avrebbe speso con successo.
Fu così che dopo neanche tre mesi dalla laurea, felice e soddisfatto, vinse una borsa di ricerca a Manchester, in Inghilterra, dove avrebbe iniziato a collaborare con la cattedra di filologia.
Completati tutti i dettagli “obbligati”, dal trasloco al contratto d’affitto, si ritrovò subito sul campo, pronto a mettersi al lavoro sui testi.
Passarono le settimane e il lavoro procedeva bene, a gonfie vele. La mattina lavorava in biblioteca, a pranzo si ritrovava con qualche collega a mensa, il pomeriggio ancora in biblioteca e, infine, la cena a casa, per poi andare a dormire non più tardi delle dieci.
Tutto sembrava perfetto.


Un giorno, quasi per caso – ma Antoine al caso non ci credeva affatto – si ritrovò a sfogliare un libro, pubblicato appena un anno prima da una nota casa editrice londinese. La lettura, alla ricerca di alcune importanti informazioni relative a una serie di autori contemporanei, procedeva lenta e quieta. Alla pagina cinquantasei, nel terzo rigo del secondo paragrafo, una frase catturò la sua attenzione: «il genere letterario per eccellenza. non solo era considerato un grande scrittore, ma anche abile nel tinteggiare i sentimenti umani».
Antoine sospese per qualche istante la lettura, attratto da quella frase così pungente e indisponente. La rilesse più volte, ma i suoi occhi finivano sempre e inevitabilmente lì, su quella minuscola dopo il punto fermo.
Adagiò il libro sulla scrivania e si solleticò il mento, socchiudendo gli occhi.
Poi lo riprese e rilesse di nuovo la frase. Si trattava proprio di un errore, non c’era altro da fare. Un errore di battitura.
Antoine per quel giorno non riuscì più a leggere nulla.
Rientrò a casa pensieroso, con lo sguardo perso nel vuoto, che vibrava a ogni passo.
Era consapevole di quanto fosse insulso quell’errore e che non significasse assolutamente nulla, ma un tarlo era entrato tra i suoi pensieri e ora non riusciva più a fare a meno di pensare.
La notte durò due notti e il giorno seguente i libri apparivano come campi minati. Virgole messe nel punto sbagliato, accenti scritti come apostrofi, errori di battitura vari. In un libro ci saranno stati una decina di errori di questo genere, ma per Antoine ciò era assolutamente inaccettabile.
Non poteva ignorare quel grido che gli proveniva dalle viscere, standosene seduto lì, comodo, sulla sedia imbottita della biblioteca a preparare le edizioni critiche di libri che solo in pochi avrebbero letto. La questione era molto grave.
Il giorno seguente non andò a lavoro e neanche quello successivo. Al topo di biblioteca la tana era iniziata a stare stretta e aveva messo il naso fuori.
Ci volle ancora una settimana, ma alla fine prese la sua decisione. Rinunciò al contratto di ricerca. Non era più tranquillo. Quel tarlo gli stava rodendo tutta la materia grigia.
Aveva comprato il biglietto di ritorno. Manchester-Parigi, solo andata. Sapeva che così finiva la sua avventura nel mondo della filologia. Solo che non sapeva cosa sarebbe avvenuto adesso. Continuare a ricercare? Trovare un lavoro “normale”?
La mattina seguente uscì presto per andare all’aeroporto. Dopo pochi minuti, vicino alla stazione dell’autobus, scorse una piccola libreria, che sembrava vendere titoli contemporanei. Diede una rapida occhiata all’orologio ed entrò sorridente.
Il commesso lo guardò con noncuranza dirigersi sicuro verso il reparto “Letteratura inglese”. Prese un libro a caso e iniziò a sfogliarlo, leggendo, qua e là, alcune righe. Il suo occhio riuscì a catturare un errore. Una virgola era stata collocata nel punto sbagliato.
Richiuse il libro, soddisfatto, e uscì salutando distrattamente.
Arrivato a Parigi, Antoine ebbe chiaro cosa avrebbe fatto da quel momento in poi. Avrebbe letto i libri e avrebbe segnalato agli editori sviste, refusi ed errori. Poteva trattarsi di segni di punteggiatura collocati nel punto sbagliato, di maiuscole al posto di minuscole, di veri e propri errori di battitura. Annotava tutto su un foglio, insieme alla pagina e al numero di riga, e alla fine inviava una e-mail all’editore di riferimento, segnalando, “con viva preghiera di correzione”, l’elenco.
Antoine fu soddisfatto dopo il primo risultato. L’editore rispose rapidamente all’e-mail ringraziandolo di cuore, scrivendo che avrebbero senz’altro corretto gli errori per un’eventuale ristampa.
Antoine, spento il pc, si sentì utile e soddisfatto. Ora sapeva cos’era ciò che lo rendeva felice davvero: riportare ordine dove prima non c’era.
Lui non lo aveva ancora capito, ma era diventato un correttore di bozze.

Marco Papasidero

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