
Da San Pietro a Katowice: sulle tracce dei pellegrini nella Roma medievale e contemporanea
Passato e presente si intrecciano in un unico viaggio alla scoperta dei luoghi del pellegrinaggio a Roma. Tra reliquie, leggende e Porte Sante un percorso nella tradizione dal medioevo alla contemporaneità.
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ossiamo iniziare questo viaggio partendo dal Giubileo, le cui origini risalgono al III millennio a.C., in Mesopotamia. Qui si attesta l’esistenza di leggi nate con lo scopo di ripristinare lo stato di giustizia e uguaglianza all’interno del regno, a favore dei sudditi che si erano trovati nella condizione di doversi indebitare o cedere in schiavitù i loro parenti; dalla Mesopotamia il provvedimento entra a far parte della tradizione ebraica. Nel XXV capitolo del Levitico, il popolo di Israele viene esortato a far risuonare il corno, in ebraico yobel, per annunciare un anno destinato al riposo della terra, alla liberazione degli schiavi e alla restituzione delle terre ai legittimi proprietari. Assente nei primi secoli del Cristianesimo, il termine sarà poi ripreso nel 1300 da papa Bonifacio VIII, che gli conferirà il significato di festività cristiana oggi universalmente riconosciuto. L’attraversamento della Porta Santa, la concessione di indulgenze, il culto delle reliquie e il pellegrinaggio sono gli elementi fondamentali del giubileo cristiano, la cui ricorrenza è oggi stabilita ogni venticinque anni, a eccezione dei giubilei straordinari.Iniziamo ora la nostra visita a Roma dalla basilica di san Giovanni in Laterano; residenza del pontefice fino al 1350, mater et caput, madre di tutte le chiese del mondo, quella di san Giovanni rappresenta la prima basilica della Cristianità. Entrando al suo interno e proseguendo verso la navata destra, si incontra, dentro una nicchia, un affresco attribuito a Giotto: l’immagine ritrae papa Bonifacio VIII nell’atto di benedire i pellegrini accorsi a Roma durante il primo Giubileo.
Nella notte di Natale del 1299 una moltitudine di pellegrini e di romani si era recata presso la basilica di san Pietro per assistere alle funzioni religiose. La folla quella notte era di gran lunga superiore rispetto agli altri anni; si era infatti diffusa la voce che con l’avvento del nuovo secolo sarebbero state elargite generose indulgenze. A quel tempo, inoltre, circolavano teorie millenariste che, profetizzando la fine dei tempi, contribuivano a far nascere un sentimento di forte inquietudine. La notte dell’1gennaio del 1300 un nuovo flusso di pellegrini si presentò alle porte di san Pietro in occasione della celebrazione dell’Ottava del Natale, suscitando lo stupore del pontefice, e di nuovo, pochi giorni dopo, durante la processione della Veronica.
Bonifacio VIII vagliò a quel punto la possibilità di indire seriamente l’indulgenza plenaria in relazione al centesimo anno, in risposta alle richieste manifestate dai fedeli. Un provvedimento del quale non v’era traccia sino ad allora negli archivi pontifici; per legittimare la nascita della nuova celebrazione, il pontefice, oltre ad avvalersi di testimonianze orali, si ispirò a quanto avvenuto al tempo delle crociate.
Come racconta Lucetta Scaraffia nel volume Il Giubileo (Il Mulino, 1999), già a quel tempo il termine veniva usato come sinonimo di remissione dei peccati, ma Bonifacio VIII vi introdusse una novità assoluta: anziché ai soldati che rischiavano la vita combattendo per la Chiesa, l’indulgenza sarebbe stata concessa ai pellegrini in visita a Roma. Così il 22 febbraio del 1300, in occasione della festa di san Pietro, si diede inizio al primo Anno Santo della storia.
Gli aspetti più importanti della celebrazione giubilare, al momento della sua nascita, erano dati da un sincero pentimento e dal pellegrinaggio; la prescrizione stabilita perché i fedeli potessero ottenere il perdono consisteva nella visita quotidiana alle basiliche di San Pietro e San Paolo: per un periodo di 15 giorni per i pellegrini che venivano da fuori e di 30 per i romani.
Il ritratto di Roma agli occhi dei pellegrini del 1300
Al tempo del primo Giubileo, Roma era una città che già da secoli ospitava pellegrini; quelli che vi si recavano nel 1300 erano di umili origini, provenienti da gran parte d’Italia e d’Europa.
I maggiori flussi si concentravano a Pasqua, per la festa di san Pietro e alla fine dell’Anno santo, in prossimità del Natale; periodi nei quali Roma riceveva un’affluenza tale che Bonifacio VIII fu costretto perfino a diminuire i giorni necessari a ottenere il perdono. La moltitudine di persone divenne però anche causa, nel primo come nei giubilei successivi, di numerosi incidenti che vedevano i viaggiatori calpestati, feriti, travolti dalla folla e dai cavalli. L’attraversamento di Ponte Sant’Angelo, in particolare, rappresentò sempre un punto di snodo cruciale per l’arrivo delle folle a San Pietro.
I pellegrini che giungevano a Roma erano soliti lasciare tracce del loro passaggio sui muri di catacombe e chiese, di colonne e affreschi, soprattutto in segno di grazia ricevuta. Tra le consuetudini del tempo, anche quella di lasciare del denaro. A trarre beneficio economico dal giubileo erano soprattutto i romani, improvvisati albergatori, insieme a mercanti e ristoratori. Lo scenario che si apriva di fronte agli occhi del pellegrino giunto a Roma dinnanzi a san Pietro doveva essere simile a un vero e proprio mercato che si estendeva fino alla scalinata della basilica: si susseguivano banchi di spezie, venditori di seta, commercianti di stoffe, borse, chioschi, osterie e taverne; e ancora oltre, fin dentro il chiostro, dove c’era chi aveva contato fino a venticinque botteghe, insieme ai numerosi venditori di immagini sacre, raffiguranti soprattutto la Veronica.
La chiesa di santa Croce in Gerusalemme e la leggenda di sant’Elena
Giungiamo ora presso la chiesa di santa Croce in Gerusalemme, che deve il suo nome al culto della Vera Croce, tra i più antichi e diffusi della Cristianità. La leggenda narra che Elena, madre di Costantino, durante il suo viaggio compiuto in Terra Santa, anche grazie all’aiuto di soldati e gente del posto, ritrovò la Croce di Gesù, in un luogo situato ai margini di Gerusalemme. Divisa poi la croce in tre grandi frammenti e donati i primi due, il terzo fu da lei portato a Roma. La leggenda, nata nel IV secolo, diviene popolare nel medioevo.

Santa Croce in Gerusalemme
Pellegrini nella Roma del Grande Scisma
La tradizione giubilare prosegue a Roma durante gli anni dell’esilio avignonese e del Grande Scisma. Da Avignone papa Clemente V indisse un nuovo giubileo nel 1350 per il quale mantenne lo stesso assetto del suo predecessore, con l’aggiunta nella prescrizione della visita a San Giovanni in Laterano. Nella Roma dello Scisma la situazione agli occhi dei pellegrini si prospettava molto diversa rispetto a quella dei giubilei precedenti: la popolazione era dimezzata dalla peste, basiliche ed edifici vertevano in condizioni fatiscenti, di notte la città era invasa dai lupi e chi vi si addentrava era fortemente esposto ai rischi e ai pericoli della città. La scissione all’interno del papato generò un clima apocalittico nel mondo della Cristianità, portando alla nascita di pratiche come le processioni dei Bianchi: penitenti che, vestiti di un solo saio bianco, attraversavano le città italiane, tedesche e francesi, diretti a Roma, recitando salmi e flagellandosi.
La basilica di San Pietro, dall’apertura della prima Porta Santa al Giubileo “Diffuso” del 2016
Proseguiamo ora con la basilica di San Pietro, centro delle più grandi liturgie della Cristianità. Vi si accede da tre strade: la centrale, data da via della Conciliazione, e le laterali: Porta Angelica e Largo degli Alicorni, che, costeggiando il colonnato da entrambi i lati, conducono al centro della piazza.
Nel luogo in cui oggi si erge la basilica, in passato sorgeva un villaggio etrusco chiamato Vaticanum. La tradizione storiografica romana riporta che qui fosse presente un’elce secolare sulla quale era affissa una targa in bronzo con su impressa una iscrizione etrusca. L’insegna conferiva delle virtù particolari all’albero, sul quale si diceva fosse possibile leggere le sorti degli uomini.
Pietro era stato sepolto in prossimità del Colle Vaticano, in un’area dove si generò da subito un flusso ininterrotto di fedeli. Qui nel 324 Costantino fece erigere la basilica dedicata al Santo, e, dal 1100, per tenerne vivo il culto, i papi fecero ricavare dei corridoi sotterranei, le Grotte Vaticane, che conducevano i pellegrini nel punto più vicino al luogo della sua sepoltura. Tra le reliquie conservate all’interno della basilica: la Sacra Lancia di Longino, la Croce di Gesù, la croce di sant’Andrea e la Veronica; quest’ultima fino al Cinquecento, stando a quanto attesta, tra le fonti, la lettera del cardinale Giovanni Salviati, che nel 1527 scrisse di aver visto “bruciato il Volto Santo” durante il Sacco di Roma.
A partire dal Cinquecento, al momento dell’apertura del Giubileo, molti pellegrini e visitatori si recavano a San Pietro non solo per celebrare l’inizio dell’Anno Santo, ma anche per assistere al suggestivo rituale che vi ha luogo, incentrato sul simbolismo della porta, elemento cardine di numerose leggende di epoca medievale; una di queste, menzionata da Lucetta Scaraffia nel suo libro, narra che al tempo dei giubilei medievali, in prossimità dell’inizio dell’Anno Santo, circolava la voce a Roma che nella basilica di San Pietro fosse nascosta una porta d’oro piccola e stretta, proveniente per alcuni dal palazzo di Pilato, per altri dalla residenza dell’imperatore di Costantinopoli, che, se varcata, aveva il potere di redimere le persone da tutte le colpe commesse, anche dall’omicidio; per questo motivo i papi la fecero murare. Secondo la stessa fonte questa leggenda avrebbe colpito anche l’immaginario di papa Alessandro VI, che, cosciente dell’importanza simbolica della porta, su di essa elaborò il rito del suo attraversamento.
L’apertura della prima Porta Santa nella basilica Vaticana si ha nel Natale del 1499, sebbene una testimonianza anteriore, a nome di Giovanni Rucellai da Viterbo, riporti l’esistenza di un caso precedente, nel 1423, circoscritto alla sola basilica di San Giovanni in Laterano. Sotto il pontificato di Alessandro VI si ha la costruzione del nuovo rito giubilare, secondo una fisionomia destinata a essere mantenuta nei secoli a venire.
La nuova funzione prevedeva l’apertura di più porte nelle quattro basiliche romane di San Pietro, San Paolo fuori le Mura, San Giovanni e Santa Maria Maggiore. I pellegrini, attraversando la porta per lucrare l’indulgenza, avrebbero vissuto l’esperienza catartica del passaggio dallo stato di peccato a quello di purificazione. La forma del rito verrà mantenuta fino al 1975, anno in cui alla demolizione simbolica del muro si sostituirà la sola apertura dei battenti da parte del pontefice.
L’ultimo Anno santo della storia, il Giubileo straordinario della Misericordia 2016, vide per la prima volta l’apertura di più Porte Sante nel mondo, la prima delle quali a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, il 29 novembre 2015, e solo successivamente, l’8 dicembre, a Roma, con l’inizio ufficiale della celebrazione. Il fenomeno ha visto l’apertura di 560 “Porte della Misericordia” presso cattedrali e santuari di 91 nazioni diverse; tra questi il santuario di Cracovia, meta di pellegrinaggio per 5 milioni di fedeli, il santuario di Guadalupe, visitato da 22 milioni di pellegrini, e il santuario di Santiago de Compostela.
Quello del 2016 è stato inoltre il primo giubileo in cui a Roma l’attraversamento della Porta Santa ha necessitato di una registrazione online da parte dei visitatori.
La Veronica, icona dei pellegrini romei
Il culto della Veronica era molto vivo e sentito nel medioevo, tanto che la sua vista si dice provocasse nella folla grida, crisi di pianto e prostrazioni. La tradizione la identifica con l’immagine del Vero Volto di Gesù, rimasta impressa sul telo di lino che una donna gli avrebbe offerto per asciugarsi il viso durante la sua salita al Calvario. L’immagine della Veronica, cucita sul mantello o portata su ciondoli appesi al collo, distingueva i pellegrini romei da quelli diretti a Santiago, accomunati da una conchiglia, e da quelli diretti in Terra Santa, che avevano una palma. Romei è il nome con cui sin dal medioevo venivano chiamati i pellegrini diretti a Roma.
La tradizione medievale li descrive come viaggiatori soli, spesso ritratti con indosso un mantello, la “pellegrina”, riparo dalle intemperie, un cappello a lunghe falde e il caratteristico bastone in legno, il bordone, il cui uso fa parte della tradizione passata come del presente, anche se c’è chi oggi lo ha sostituito con racchette simili a quelle da sci, da trekking o da nord walking.

Statua raffigurante s. Elena
Se la tradizione medievale tramanda che fossero per lo più uomini a intraprendere questo viaggio, a partire dall’Ottocento si ha l’inizio di una inversione di tendenza che trova conferma nell’ultimo Giubileo. Secondo i dati diffusi in occasione della Conferenza Stampa tenuta il 21 novembre 2016, a conclusione del Giubileo della Misericordia, delle 21.292.926 milioni di persone giunte a Roma in occasione dell’evento, il 60% sono infatti donne.
La stessa fonte indica, circa la provenienza dei pellegrini giunti a Roma, 156 paesi diversi: in testa l’Italia (con il 68% delle presenze), seguita da America (Usa, Argentina e Canada in particolare), Spagna, Germania, Austria e Polonia; per l’età dominante, la fascia è quella compresa tra i 21 e i 60 anni. Una volta fuori dal Terminal Gianicolo, in direzione San Pietro, pellegrini e turisti di ogni nazionalità trovano un punto di riferimento nel Centro di accoglienza San Lorenzo di via Pfeiffer, oggi gestito dalla comunità brasiliana Shalom.
Una visita al Centro di accoglienza San Lorenzo e alla Casa del Pellegrino di Roma
Tra i motivi del passaggio presso il Centro di accoglienza San Lorenzo, la possibilità di lasciare lo zaino o la bicicletta in custodia prima di entrare nella basilica di San Pietro, cambiare abbigliamento e il ritiro del Testimonium, la carta che attesta l’avvenuto compimento del pellegrinaggio a Roma. Questo dà loro diritto di alloggio per due notti presso la Casa del Pellegrino, presso lo Spedale della Provvidenza, l’ostello gestito dalla Confraternita di San Jacopo di Compostella.
Giungiamo così alla sesta tappa di questo viaggio, nel cuore di Trastevere. Un “pellegrinetto giallo” accanto al citofono indica il raggiungimento della destinazione. Il simbolo, inventato dalla Confraternita nel 2006, ricorre affisso con adesivi o dipinto a vernice lungo la via Francigena per segnalare una “Via del pellegrino” (indicata dalla Guida della Via Francigena di Monica D’Atti e Franco Cinti, Terre di mezzo 2010). La Confraternita accoglie i viaggiatori giunti a piedi o in bicicletta ed è un punto di riferimento per il rilascio della credenziale.

Uno scorcio della Casa del Pellegrino, presso lo Spedale della Provvidenza in Via dei Genovesi
“In Cammino per il Clima”: in viaggio per la cura del pianeta Terra
E da Trastevere, proseguendo attraverso piazza Trilussa e via della Lungara, giungiamo all’ultima tappa di questo viaggio, presso la sede Focsiv di Roma, dove Claudia Alongi, rappresentante di “In Cammino per il Clima”, racconta l’esperienza di un pellegrinaggio nato per trasmettere un messaggio ambientalista.
L’iniziativa è partita da Roma il 4 ottobre in direzione Katowice, in Polonia, dove dal 3 al 14 dicembre 2018, si è svolta la ventiquattresima conferenza delle Nazioni Unite sul Clima: un incontro che ha visto i rappresentanti di 196 Stati discutere sulle misure concrete da attuare per prevenire i rischi del surriscaldamento globale. Tra i motivi ispiratori del cammino, l’Enciclica del 2015 di papa Francesco, la prima sull’ambiente nella storia.

Il gruppo di pellegrini di “In Cammino per il Clima Roma-Katowice 2018”
Lungo la tratta italiana da Roma a Trieste, i pellegrini hanno attraversato un percorso di 800 chilometri tra Lazio, Umbria, Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia, che ha interessato principalmente la Via di Karol (che prende il nome da Karol Wojtyła), ma non solo, perché, come ha dichiarato Claudia Alongi, «Inevitabilmente i percorsi si intrecciano, e tra il cammino di sant’Antonio, il cammino di san Francesco, tra il cammino di Karol e i sentieri CAI, tra le riserve naturali e le aree protette, l’Italia è un paese ideale per chi ama camminare», anche tra gli ostacoli e le difficoltà del percorso; «Abbiamo anche camminato nelle superstrade – prosegue la rappresentante di “In Cammino per il Clima” –, soprattutto quando ha piovuto in Friuli, non avevamo altra scelta. Ma anche quella è stata un’esperienza, perché hai la percezione di quanto sia forte l’impatto dei trasporti sui cambiamenti climatici: la principale causa, dopo le abitazioni, ad incidere sulle emissioni».
Il contatto con le varie comunità locali si è svolto tra momenti di incontro, la diffusione di pratiche ecologiste e gesti simbolici come la piantumazione di alberi e la realizzazione di graffiti collettivi. Il cammino, volto a sollevare l’attenzione sull’impatto dei cambiamenti climatici, ha origine dall’iniziativa di Jeb Saňo, leader dei pellegrini e responsabile Greenpeace Sudest Asiatico, a seguito della catastrofe del tifone Haiyan che nel 2013 ha colpito le Filippine.
Il gruppo, nato durante il primo cammino da Roma a Parigi nel 2015, si è ricostituito quest’anno per il nuovo pellegrinaggio: «Erano testimoni di un credo, che era quello dell’amore e del rispetto del pianeta», racconta Claudia riguardo ai compagni di viaggio; «Sebastian, per esempio, per venire dalla Francia non ha preso nemmeno l’aereo, si è mosso in autobus o in treno, o con dei passaggi. Apicoltore di professione, produttore di miele, non aveva portato il cellulare, riusciva a comunicare tramite il wifi quando c’era la possibilità».
Dopo 1500 chilometri di cammino attraverso Italia, Slovenia, Austria, Slovacchia e Repubblica Ceca, il 2 dicembre i pellegrini sono giunti a destinazione. Nessun santuario a far loro da meta: «I nostri santuari – risponde Claudia – erano le orecchie delle persone».