Aborigeni / Contemporanei
“Australia Today” la più grande mostra di pittura aborigena contemporanea a Roma. Capolavori di potente energia espressiva creati da uomini che non conoscono la scrittura. Ogni pittura aborigena è un dreaming che affonda le sue radici nel Tempo del Sogno: origine della vita e creazione del mondo.
Il deserto di Mina Mina – Judy Watson NapangardiIn verità, la mostra è stata solo un pretesto. Un’occasione personale per entrare per la prima volta in contatto con il mondo degli aborigeni australiani. Sebbene l’Australia è sempre stata la meta agognata del viaggio ideale, improvvisamente mi accorgo di quanto sia estranea. Briciole di conoscenza scolastica fluttuano nella memoria: territori desertici, disabitati e tanto lontani da sembrare slegati con il resto del mondo.
Si può imparare a conoscere una cultura da qualsiasi cosa; così il mio viaggio verso quel continente sconosciuto inizia dalla pittura tribale fatta da uomini misteriosi dalla pelle color pece.
I capolavori dell’arte aborigena contemporanea approdano a Roma nei grandi spazi di Palazzo Incontro.
L’imponente esposizione, organizzata dalla National Gallery di Firenze, raccoglie opere di straordinaria finezza da cinquanta tribù australiane che, pur differenziandosi tra loro, puntano su un linguaggio che mantiene stretti legami con la tradizione ancestrale e la pratica religiosa degli Antenati.
I dipinti accomunati “da una intensa vivacità cromatica e carichi di un complesso simbolismo” narrano la mitologia aborigena.
Ipnotiche forme caleidoscopiche che impongono un profondo cambiamento di prospettive per essere osservate, tanto in senso metaforico, che fisico.
L’opera non è concepita per essere guardata frontalmente, posata a terra e potendo camminarle intorno, andrebbe vista da ogni lato.
Ovviamente non solo le coordinate fisiche della fruizione, ma anche quelle mentali della comprensione richiedono un certo adattamento.
Per avvicinarsi all’arte aborigena non si può prescindere dal concetto di “Dreaming“: una concezione del mondo che fa riferimento ad un’epoca remota in cui le azioni creative degli esseri mitici diedero forma al mondo.
La terra è l’origine di tutto. Secondo la Genesi aborigena, durante la creazione “Dreamtime”, sulla terra tutto era piatto, buio e silenzioso. Forme di vita sconosciute, che dormivano nelle sue viscere, si svegliarono con grande tumulto e “cantando” diedero un nome a tutto ciò che incontravano lungo il loro cammino. Poi ne sono divenuti parte essi stessi, addormentandosi nei luoghi chiamati dreamsites. Per migliaia di anni, gli uomini hanno vissuto in armonia con questi luoghi sacri tenendoli avvolti in una fitta rete di canti, affinché rimanessero vivi per sempre.
La storia di questi uomini nomadi e senza scrittura non si ritrova nei libri, ma nel paesaggio dei suoi territori. È impressa sulle rocce, nei deserti rossi, negli stagni, nei fiumi: “the land is my mother”, canta l’aborigeno.
Il cerchio e la linea sono i segni più ricorrenti nell’arte aborigena: permettono di descrivere graficamente i percorsi compiuti dagli Antenati. Il cerchio rappresenta la sosta, una pozza d’acqua, un campo base, la linea rappresenta il percorso, il fiume, una strada. Il dipinto risulta così un testo sacro capace, se codificato, di trasmettere i segreti degli Avi: per questo la tecnica dello sfondo puntinato – il cosiddetto dot painting – ha lo scopo di confondere e qualche volta coprire i contenuti religiosi ai non adepti.
Il messaggio racchiuso in quei simboli fatti di migliaia e migliaia di punti colorati ci fa intuire e intravedere piccoli squarci del mondo aborigeno in totale simbiosi con l’ambiente naturale e che riporta indietro al Tempo del Sogno.
La mostra è un percorso affascinante: lavori per noi,” di un’astrazione gestuale convulsa e carica di energia” narrano le gesta del serpente arcobaleno, della formica miele, della ricerca della patata buona, dei semi d’erba selvatica.
Storie curiose e bizzarre, che i nuovi artisti contemporanei rivitalizzano attraverso tecniche moderne, passando dai pigmenti naturali alle vernici acriliche e con un linguaggio artistico più consapevole di realizzare un’opera d’arte.
Anche se l’impianto resta lo stesso, la tradizione va travasandosi in una cultura, che si apre al mondo internazionale attuale, comincia a confrontarsi, con deliberata intenzionalità, col sistema dell’arte ormai globalizzato del nostro tempo.
I nuovi artisti aborigeni traggono l’ispirazione dalla cultura nativa, ma vanno oltre l’arte tribale. Danno vita a un linguaggio attento alle nuove problematiche sociali e politiche, richiamando l’attenzione dei bianchi australiani e del mondo intero sui loro diritti negati, in primo luogo quelli territoriali.
Confinati ai margini della società, vittime di alcool e analfabetismo, forzati ad assimilare una cultura altra e soprattutto privati di ciò che dava loro scopo di vivere: la terra.
Con colori potenti e fortemente persuasivi, i nuovi artisti vogliono risvegliare le coscienze al resto del mondo e gridare che quella terra è la loro terra e che la cultura del dreaming rispecchia il loro modo di vivere.
Anche la mia coscienza è stata risvegliata da un’insolita energia primitiva, che mi rende leggera. Sospesa come in un limbo, disegno con la mente la figura di un serpente dentro cerchi concentrici e per un attimo ho la sensazione di averne toccato l’essenza profonda.
Ascolto il suo canto e poi il suo sogno.
Alessandra Mannarella
Le foto sono state gentilmente concesse da www.nationalgalleryfirenze.it