La terra di Cristo

A Gerusalemme la pietra di Isacco e Maometto Una cupola d’ora, una grande e luminosa cupola in lamine dorate. Questo è il simbolo di Gerusalemme, capitale di una terra divisa fra tre religioni: l’Islam, l’Ebraismo e il Cristianesimo. Passeggiare tra gli stretti ed affollati vicoli di questa piccola metropoli è un’esperienza singolare, sia per l’atmosfera, tipicamente orientale, che per un insieme di sensazioni e di simboli che fanno avvertire, quanto non mai, di essere al centro del mondo. Tappeti e arazzi sono tra i prodotti più comuni, ma anche la gastronomia, con il tipico pane azzimo, offre sapori prima mai esplorati.Da un vicolo ad un altro, attraverso un dedalo inestricabile e complicato, si giunge alla spianata del tempio, dove sorgono due moschee. Tra queste, la splendida moschea di Omar – la già citata Cupola d’oro o della roccia – si erge maestosa e sovrana, nonostante le sue dimensioni effettive non siano così copiose. Un colore blu luminoso ricopre ognuno dei lati dell’edificio, metre la cupola è un luccichio di emozioni. Per entrare devo togliermi le scarpe, come segno di rispetto in uso nella tradizione islamica. Varcata la soglia il contrasto tra la luminosità dell’esterno e il buio dell’interno crea qualche istante di confusione, ma subito dopo gli occhi si abituano. Descrivere la ricchezza del suo interno è difficile, soprattutto per via di un contesto culturale che ne esaspera la particolarità. Le donne velate affollano ogni angolo, poggiando i loro piedi, come d’altronde noi poggiamo i nostri, sui grandi tappeti che coprono il pavimento. Nella parte inferiore della moschea – forse una cripta – , si trova una grande roccia. Secondo le diverse tradizioni sarebbe il luogo del mancato sacrificio di Isacco e, nello stesso tempo, quello dell’ascesa al cielo del profeta di Allah, Maometto. Fuori dalla moschea si respira l’aria di sempre, calda e suggestiva, ormai forse solo poco più di un ricordo, per via dell’esasperante conflitto arabo-israeliano, che mortifica una terra unica come questa. A pochi minuti dalla Cupola della roccia, percorrendo ancora le strette vie di Gerusalemme, sorge il Santo Sepolcro, il luogo più sacro dell’intero mondo cristiano. Sacerdoti di ogni confessione cristiana si accostano al grande portone, mentre donne di varie etnie ungono incessantemente la pietra sulla quale,secondo la tradizione, Gesù sarebbe stato posto subito dopo essere stato schiodato dalla croce. Quanta gente e quanti profumi diversi! Al centro dell’edificio, sotto una grande cupola, si trova il sepolcro. Molte persone rimangono in fila anche per ore, per sfiorare quella pietra, inglobata ormai in una piccola cappella. Entrando dobbiamo chinare la testa, proprio perché il soffitto è particolarmente basso. Dopo un’anticamera circolare, una minuscola cella ci pone dinnanzi al sepolcro: una donna dalla pelle scura sta pregando, inginocchiata e con il viso adagiato sulla pietra santa. Poi qualcuno la esorta ad alzarsi e, dopo aver segnato ancora una volta il suo viso con il segno della croce, lascia quel luogo con un chiara, ma velata malinconia.Osservo il sepolcro freddo e nudo e non so cosa fare o pensare. In questi momenti i pensieri diventano leggeri, volano via ed un vuoto intenso e piacevole si impadronisce di me, rendendomi partecipe di un messaggio che, da millenni, chiama a se milioni di persone. 

                                                                                                       Marco Papasidero

Marco Papasidero

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