Un ritratto da Sarajevo: Mile Plakalović e il coraggio civile

L’assedio più lungo dopo la fine della seconda guerra mondiale, scempio durato 1440 giorni, illuminato dall’esempio coraggioso e folle di un tassista e del suo rifiuto di considerare etnia, soldi e schieramento come una verità. (Foto: http://www.gariwo.org)

Nell’inferno di proiettili e granate della guerra che ha insanguinato i Balcani negli anni ’90 alcune città furono il simbolo della pulizia etnica e delle atrocità messe in atto in quel territorio che oggi è la Bosnia-Erzegovina: Srebrenica, Mostar, Foča, Tuzla, Prijedor, Bihac, Sarajevo, solo per citare alcuni nomi. Nella capitale l’assedio durò per tutti gli anni del conflitto. Granate colpirono il Mercato Markale causando un terribile massacro mentre i cecchini sparavano sui civili che correvano lungo la Zmaja od Bosne, da allora conosciuta come Via dei Cecchini. Ed è proprio su quella larga strada che Mile Plakalović ha deciso di rischiare, di andare oltre la guerra, oltre le differenze. Proprio come la città stessa di Sarajevo, Mile accoglie e soccorre, qualunque sia l’etnia o la confessione, chiunque sia in difficoltà; come fecero i sarajevesi con gli ebrei fuggiti dalla Spagna. Si specchia nello spirito di una città multicolore quel Mile che durante l’assedio soccorre con il suo taxi tutti coloro che trova per strada, li porta a destinazione, mettendoci la benzina nel serbatoio, mettendoci l’auto, mettendoci il coraggio e, se fosse stato il fato a volerlo, la vita.

//
//

Soccorre decine e decine di persone senza pensare alle conseguenze, lungo la Miljacka, il fiume che spezza la città. Salva mussulmani, croati, serbi, per portarli all’ospedale di Sarajevo, senza un motivo apparente, senza volere nulla in cambio, come racconta una professoressa a cui Mile diede aiuto. Un eroe nel vero senso del termine, come lo furono anche altri. Perché non fu tutto inferno allora ma anche bontà e condivisione, come dimostrano i premiati ai Dusko Kondor 2010, veri e propri Oscar al coraggio civile. Fra di loro Krstan, Esad, Slobodan, Srdjan, Amela, assieme naturalmente a Mile, tutti Persone, con la maiuscola. Volutamente scritti senza cognome perché non per la loro etnia sono stati scelti, né per favorirla hanno agito.
Storie di Uomini che hanno vissuto per il bene, anche dove sembrava che tutto fosse destinato al male più assoluto. Storie che vengono raccontate grazie alle testimonianze di chi c’era e al massacro è sopravvissuto. Storie che assomigliano molto a quella di Svetlana Broz, chirurgo sia in senso medico che in un senso più recondito, più Umano. Svetlana si è recata nella Sarajevo sotto assedio per portare il suo aiuto ai civili, lasciando una Belgrado ben più tranquilla alle spalle; ha voluto raccogliere le testimonianze di chi voleva raccontare delle gesta di Mile e di chiunque altro abbia voluto essere solo Umano, al di là delle differenze.  Tutte quelle testimonianze sono ora raccolte in un libro: “I Giusti nel tempo del male”, di Svetlana Broz.

Igor Bortoluzzi

Click Here to Leave a Comment Below