Consonno: la “Las Vegas” abbandonata

In provincia di Lecco, su un monte della Brianza, si trova Consonno. Da antico borgo di origine medioevale,  nei primi anni Sessanta è stato trasformato in “paese dei balocchi” per diventare, infine, una ” città fantasma”. Una storia di potere, ambizione ed egoismo. (Foto 1-4-5: © Stefania Zabrak)

La galleria commerciale e il minareto

“Consonno è il paese più piccolo ma più bello del mondo”, “A Consonno è sempre festa”, “Chi vive a Consonno campa di più”. Una dopo l’altra queste frasi accolgono il visitatore che si avvicina al borgo, dopo aver percorso la tortuosa strada che da Olginate (Lecco) si inerpica sul versante Est del Monte Regina, in Brianza.

Un’immagine del 1953 dell’antico borgo di Consonno (foto di Felice Sala, da “Olginate Ieri e Oggi” – Comune di Olginate 1984)

Parole allegre e ottimiste che però stridono in modo grottesco con il triste aspetto dei cartelli su cui campeggiano: striscioni di metallo trascurati e arrugginiti dal tempo. La sensazione di abbandono e solitudine, sottolineata da una giornata di pioggia, si accentua nel momento in cui si giunge alle prime costruzioni. In giro non si vede un’anima, solo due cagnolini che abbaiano contro i nuovi venuti, più per paura che per minaccia. L’improvviso infittirsi della pioggia costringe a trovare momentaneo rifugio nella chiesa, l’unica struttura dall’aspetto curato. All’interno c’è una donna, lieta di incontrare facce nuove e molto disponibile a raccontare la storia del luogo, in cui abitò da bambina.
Consonno era un’antico borgo di circa 300 persone che vivevano di pastorizia e coltivavano sedano, porri e castagne. I prodotti della terra venivano commerciati con i vicini paesi della Brianza e permettevano ai consonnesi di condurre una vita dignitosa. Nessuno degli abitati di Consonno, però, era proprietario di case o terreni, che invece appartenevano alla “Immobiliare Consonno Brianza”. Le sorti del borgo cambiarono drasticamente nel gennaio del 1962, quando la proprietà di Consonno passò dall’Immobiliare al “Grande Ufficiale Mario Bagno, Conte di Valle dell’Olmo”.

dell’epoca “d’oro” di Consonno (www.myspace.com/consonno)

Il primo intervento del Conte Bagno fu quello di costruire una nuova strada di collegamento tra Olginate e Consonno, al posto della vecchia mulattiera utilizzata per secoli dagli abitanti del borgo. La nuova strada permise l’accesso a ruspe, camion e betoniere, mezzi con cui il Conte aveva intenzione di dare vita al suo sogno: fare di Consonno un’attrazione turistica, una “Las Vegas” della Brianza, un “paese dei balocchi” capace di attirare gente in cerca di attrazioni e divertimenti. Le ruspe si misero subito al lavoro, demolendo abitazioni ancora occupate da persone e animali.  Solo la chiesa di San Maurizio, insieme alla vicina casa del capellano (abitata ancora oggi), fu risparmiata dalla furia demolitrice del Conte Bagno. Gli abitanti furono costretti ad abbandonare le loro case e il loro campi. Alcuni furono presi a lavorare nei cantieri e alloggiati in baracche. Fu costruita una galleria commerciale dallo stile arabeggiante, sormontata da un minareto; sale da ballo e da gioco; un albergo ornato da colonne doriche, il “Grand Hotel Plaza”. I giardini furono decorati con una fontana a più piani, pagode cinesi, sfingi egizie e un cannone. All’ingresso della “città dei divertimenti” fu costruito un castello medioevale con armigeri di guardia. Questa strana accozzaglia di stili fu di grande richiamo per il pubblico.

Ingresso della sala da ballo all’aperto

Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, Consonno ebbe molta popolarità. Nei suoi locali si esibirono importanti artisti dell’epoca e ci furono grandi ospiti. Già a metà degli anni Settanta, però, il luogo non rappresentava più una novità e le visite cominciarono a essere meno frequenti. Nell’ottobre del 1976 il terreno, reso instabile dai disboscamenti e dalla cementificazione, franò sulla strada di accesso al paese. Questo evento condannò Consonno all’abbandono e all’oblio. Il “Grand Hotel Plaza” fu trasformato in ricovero per anziani e fu abitato fino al 2007, quando l’attività fu trasferita in un paese della Valsassina. Poco tempo dopo, nei primi di luglio dello stesso anno, la “città fantasma” fu scenario di un rave party. Ciò che rimaneva del “fasto che fu” venne razziato o distrutto.
La pioggia ha smesso di cadere. Appena si esce dalla chiesa si volge lo sguardo verso i resti della “Las Vegas” brianzola.

Particolare dei graffiti

Le emozioni provocate dai racconti appena sentiti, e le nuvole basse che nascondono tratti di paesaggio, accentuano l’impressione di avere davanti un vero e proprio “fantasma”. Sale da ballo e locali, una volta pieni di musica, luci e risa, ora sono vittime delle sterpaglie e degli agenti atmosferici. La galleria commerciale è oggi una “galleria d’arte contemporanea”. Graffitari più o meno talentuosi hanno lasciato le loro “opere” ovunque. L’ultimo sfregio dell’uomo, ma non il peggiore.

 

Per maggiori informazioni su Consonno: www.consonno.it.

 

                                                                                                                                 Stefania Zabrak

Click Here to Leave a Comment Below