Storia, mare e progresso: contrasti lungo le riviere del Montenegro
Attimi e scorci di un passato troppo velocemente dimenticato, confronti tra uno sfruttamento violento del turismo e un ambiente troppo delicato per sopportarlo. Viaggio alla fine di un mare sotto assedio. (Foto: © Igor Bortoluzzi)
La disordinata costa montenegrina è uno scenario eterogeneo, incastonato come si trova tra l’Adriatico e un territorio frastagliato che vi si getta d’impeto, in pochi metri. Quelle montagne che G. B. Shaw descrisse chiedendosi: «sono in terra o sulla luna?» si gettano a capofitto nell’acqua creando paradisi naturali come l’anfiteatro marino di Boka Kotorska, ai tempi della dominazione della Serenissima chiamato Bocche di Cattaro, il più grande fiordo del Mediterraneo. All’interno della baia si affacciano sul mare piccole città come Herceg-Novi, Perast e Kotor, patrimoni antichi e testimoni della maestosità passata. Imperdibili la fortezza di Kanli-Kula a Herceg-Novi e una romantica chiesa al largo di Perast. Kotor, dichiarato Patrimonio Naturale e Culturale dell’Umanità dall’Unesco, è una cittadina arroccata di chiara impronta veneziana e culla di un centro storico di una bellezza disarmante.
Installazione di arte contemporanea lungo le strette vie della cittadina di KotorOgni singola pietra che la compone è lucidata dal tempo, dai piedi che sopra vi hanno camminato, dalle mani che si sono appoggiate o che, magari, le hanno accarezzate. Le strette viuzze sono spesso riempite dalle sedie dei bar e dalla gente che chiacchiera. Sulle rocce che la circondano si stagliano le mura, straordinaria cornice che di notte diventa un cerchio di fuoco grazie ad una spettacolare illuminazione.
Più a Sud si trova Budva, città regina dell’intrattenimento notturno, delle discoteche, del traffico caotico e di uno sviluppo edilizio che ha letteralmente devastato qualche chilometro di costa. In inverno conta non più di 15.000 abitanti, in estate si arriva a quota 500.000, dati del ministero del turismo montenegrino alla mano. La speculazione edilizia e la cronica attitudine di certi politici ed imprenditori alla corruzione ha fatto sì che non si rispettino le vigenti norme edilizie, lasciando libero spazio ad hotel a sei piani che sarebbero vietati anche dalle leggi internazionali in materia di tutela del paesaggio.
Proseguendo verso meridione si supera Petrovac, e si giunge ad un villaggio, Buljarica, minuscola accozzaglia di case a qualche centinaio di metri dall’omonima spiaggia, pochi appartamenti privati rappresentano l’unico posto dove soggiornare. L’arco di sabbia e ciottoli lungo poco più di un chilometro (anche se i residenti, con un certo orgoglio, dicono siano un paio…) è frequentato da serbi e montenegrini, ed eterogeneo nella sua distribuzione: la parte più a sud della spiaggia è quasi vuota e tra la civiltà ed il mare ci sono centinaia di metri di bosco.
Il camping è alquanto “retrò”, per usare un eufemismo, le auto sono quasi tutte Zastava, la gente è accogliente e gentile. La sera regna la quiete e quell’insieme di rocce, sabbia e alberi regala scorci straordinari, è un viaggio all’indietro nel tempo. La sensazione è che tutto sia lento su questa spiaggia, una sorta di slow motion quasi cinematografica. Il piccolo villaggio è una placida serie di cartoline increspate dal tempo, ingiallite forse, ma che danno all’osservatore la certezza di guardare qualcosa in via di estinzione. Lungo la strada che riporta a casa ci sono alcuni venditori ambulanti; si vende frutta, ogni tanto verdura, qualcuno cucina una carne alla griglia dal profumo invitante, uno solo vende tranci di pizza con il ketchup (!).
Il padrone di casa mi saluta con un ciao che sa di lieve vergogna per la pronuncia e di molto divertimento per averci provato. Parlandoci vengo a sapere che un piano di sviluppo porterà le costruzioni a ridosso della spiaggia, si creeranno hotel, probabilmente discoteche e nuove strade. Sul suo viso si delinea un misto di stupore, curiosità e nostalgia che colpisce. Nemmeno lui immagina quale sarà il destino di quel piccolo villaggio e, con esso, di coloro che ci vivono. Probabilmente il progresso darà vita ad un’altra Budva nel giro di pochi anni; una neonata città che sarà lì a fare da sepolcro all’arco d’oro di quella Buljarica ormai al tramonto.
Igor Bortoluzzi