New York, un Déjà vu involontario
New York: quante volte l’abbiamo vista nei film, nei telefilm, nelle immagini da cartolina o nelle agenzie viaggi? Forse abbastanza per farci sentire a casa anche in una città immensa qual è e avere l’impressione di esserci già stati. (Foto: © Francesco Longo; foto Times Square: Flickr cc victorjol)
Il bus della Greyhound si ferma rumorosamente alla Penn Station intorno alle sette del mattino. Scendo ancora un po’ scombussolato per il lungo viaggio dal Canada e infreddolito a causa dell’aria condizionata regolata su temperature davvero basse: usanza che durante il mio viaggio scoprirò essere di uso comune.
Gli onnipresenti taxi gialliNew York è la prima città degli Stati Uniti che visito e allo stesso tempo è la prima tappa del mio coast to coast attraverso gli States.
Non appena esco dalla stazione degli autobus e metto piede sulla 40th strada, un frastuono incredibile di auto e taxi mi accoglie insieme alle mille luci dei negozi, dei fast food e dei teatri già accese o, verosimilmente, mai spente.
Centinaia di persone camminano a velocità da maratona verso i luoghi di lavoro, tanto da non riuscire a fermare nessuno per avere un’indicazione.
In ogni caso, grazie alla cartina e alle strade perfettamente lineari di Manhattan, arrivo facilmente a Times Square, dalla quale devo passare per arrivare al mio hotel.
Se Las Vegas è chiamata la città delle luci, New York non può essere da meno: grandissimi pannelli luminosi pubblicizzano qualsiasi cosa in modi a dir poco scenografici.
Gli artisti di strada sono già all’opera così come i carrettini degli hot dog, con numerosi clienti e gruppi di persone che cercano fondi per svariate associazioni urlando e a volte agitando dei campanelli.
Anche con il passare dei giorni continuo a sentirmi un po’ spaesato: controllo la cartina ma non riesco mai a decidere da che parte andare per via delle innumerevoli cose da fare e vedere.
D’altra parte New York racchiude in sé infiniti itinerari: poterli fare tutti vorrebbe dire avere alcuni mesi a disposizione.
Continuo a camminare per le strade della città e mi sento davvero al centro del mondo passando per luoghi visti spesso nei film, nei telefilm o nelle vetrine delle agenzie viaggi: l’Empire State Building, il Rockfeller centre, Central Park, il Flat Iron, la Fifth avenue con i suoi negozi e le centinaia di taxi gialli, folle di persone che camminano con l’immancabile caffè to go o bicchieri di coca-cola formato famiglia.
Durante la mia visita alla città ho l’impressione di avere dei déjà vu che mi fanno fermare un attimo a riflettere per poi rendermi conto che quanto sto vivendo non è frutto di una mia esperienza ma solo di immagini captate innumerevoli volte da altrettanto innumerevoli fonti.
La New York che vedo è quella che mi aspettavo, almeno per quanto riguarda l’impatto emotivo. Gli usi e costumi americani avrò modo di conoscerli durante il mio viaggio lungo gli Stati Uniti dove, passando da est a ovest, troverò varie differenze ma soprattutto molte similitudini che incredibilmente legano in maniera salda gli stati di questo sconfinato Paese.
Prima di salutare la città decido di andare nella piccola Liberty Island, dove si trova la statua della Libertà, per poi concludere la mia visita a Ellis Island, un isolotto adibito a frontiera nei primi del ‘900 situato a poche miglia da Manhattan.
La piccola isola risplende nella baia di New York, silenziosa e calma, in contrapposizione alla caotica metropoli che si vede in lontananza.
Penso sia giusto partire per il mio coast to coast proprio da qui, con le spalle al vecchio mondo e con lo sguardo virtuale che corre verso ovest, in direzione della California.
È una strana sensazione avere come punto di partenza un luogo che è stato punto di arrivo per milioni di immigranti da tutto il mondo.
Mentre faccio ritorno a Manhattan con il traghetto, ho di fronte a me lo skyline di New York, bellissimo, luminoso e tristemente mancante del suo tratto distintivo: le torri gemelle.
Dal molo, mi volto e do un ultimo sguardo in lontananza alla Statua della Libertà: mi dispiace lasciare la grande mela, ma sono comunque elettrizzato per la mia nuova destinazione: Boston. Ritiro l’auto a noleggio e guido attraverso il Robert Kennedy Bridge. Solo quattro ore mi separano dalla prossima tappa.
Francesco Longo