S. Giovanni in Fiore: nel cuore della Sila

Una passeggiata tra le caratteristiche viuzze del centro storico della Perla della Sila, legato alla figura dell’abate Gioacchino da Fiore, fondatore della pregiatissima Abbazia Florense. Un viaggio nel medioevo, tra romanico e gotico e tra i palazzi baronali di questa località. (Foto: © Claudio Iaquinta)

Abbazia Florense: Archicenobio, altare maggiore e abside con coro ligneo del 1600

San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, noto come la “perla della Sila”, presenta diverse zone caratteristiche, ma la più interessante e suggestiva è quella vecchia. Durante la mia visita, cercando di scoprire i vari segreti del luogo, mi addentro nel centro storico iniziando l’itinerario dall’edificio più importante, l’Abbazia Florense, che sorge nella parte bassa del paese, dove innumerevoli opere in granito silano rendono l’ambiente incantevole. Ammirando l’Abbazia, mi rendo conto di essere davanti ad un’opera in stile romanico: la facciata occidentale presenta un portale medioevale gotico con arco ogivale e blocchi giganteschi di granito, ed in alto è posto un enorme rosone finestrato che all’interno dà vita ad un bel gioco di luci e ombre. Il monastero – e così è denominato anche il rione e il primo nucleo dove è stato realizzato il complesso – venne fondato nel 1189 dall’abate Gioacchino da Fiore, monaco austero ed esegeta del XII secolo che, facendo dapprima parte dell’ordine cistercense, se ne allontanò successivamente a causa di una crisi spirituale, per realizzare l’ordine florense. Entrando nell’edificio, scopro un luogo semplice, pieno di grazia, ad un’unica navata, con la sorprendente realizzazione di opere vivaci e molto colorate, di fatto in contrasto con le regole florensi: l’Abbazia, infatti, doveva essere spoglia, ma i vari abati successori hanno prodotto diversi rifacimenti barocchi e in stile rococò. Ne sono esempio il pavimento in cotto, l’abside e l’archicenobio decorato.

Abbazia Florense: facciata orientale

Scendo i gradini di una ripida scalinata per visitare la cripta che custodisce l’urna contenente le spoglie dell’abate. Posta al di sotto dell’altare maggiore, è un luogo oscuro e suggestivo. Tornando all’esterno, impreziosiscono la facciata orientale tre rosoni quadrilobati che attorniano il centrale esalobato: questi rappresentavano la trinità divina e l’ascesa verso Dio.
Ritornando verso la piazzetta occidentale, intravedo l’Arco Normanno a sesto ogivale, esemplare realizzazione di pregiata manifattura ed unica porta rimasta intatta della cerchia muraria del complesso che fungeva da confine urbano extra-territoriale. Attraversando l’arco e camminando lungo via vallone, arrivo in piazza “Abate Gioacchino”, luogo di ritrovo dei cittadini sangiovannesi. Qui sorse nel 1530 la chiesa matrice dedicata a Santa Maria delle Grazie, dapprima con unica navata secondo le regole florensi, poi ricostruita totalmente nel 1770 a tre navate, con stile barocco all’interno e neoclassico nella facciata principale.

Ponte del Rione Cona, unica via di collegamento tra il centro abitato e gli altri paesi

Un’abitante mi racconta una particolarità relativa alla Chiesa dell’Annunziata, risalente al 1653: un tempo era collegata alla Chiesa Madre attraverso un ampio corridoio che, per motivi di accesso da via vallone a piazza abate Gioacchino, è stato raso al suolo nel 1930.
Entrando nella chiesetta, anch’essa ampiamente decorata, ammiro una caratteristica tomba contenente le spoglie di due componenti della spedizione dei fratelli Bandiera e, più in là, alcuni dipinti di pregevole maestranza, opera del pittore locale Cristoforo Santanna. Nei pressi della piazza principale, sorge il rione più curioso e suggestivo del paese “il Cortiglio”, per la caratteristica costruzione di case a corte con scantinato in basso e scalinata di accesso all’abitazione.

Un vicoletto di Rione Cortiglio

Il rione era il centro commerciale, sociale ed amministrativo del paese e fiore all’occhiello della cittadina sangiovannese. Qui sembra di essere in un labirinto ellissoidale pieno di vicoletti e viuzze. Percorro poi via XXV aprile per intravedere il palazzo “Lopez”, luogo in cui furono imprigionati i fratelli Bandiera e poi divenuto corte baronale della medesima famiglia. Il viaggio si conclude davanti alla Chiesa di Santa Maria della Sanità, del 1678, sulla cui facciata si legge “Hic sanitas animae et corporis 1781”, realizzata nel rione Cona, con uno sguardo sull’omonimo ponte, un tempo unico punto di collegamento tra il centro urbano e gli altri paesi. Questo ponte assume un pregio notevole poiché da qui transitarono i fratelli Bandiera dopo la loro cattura.

Claudio Iaquinta

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