Quando il mare scompare
Una settimana sulla costa del Kenya, tra barriera corallina, beach boys, mercati e mangrovie, per cercare un po’ d’Africa in ciò che il turismo non ha ancora snaturato. Colori, sapori e suoni di un mondo povero, ma ricco di pesci, frutta e allegria. Una tradizione da cui abbiamo molto da imparare. (Foto: © Erino Poli)
Ad accoglierci all’aeroporto di Mombasa sono le cornacchie. Stanno appollaiate sui travetti di legno che formano la struttura reticolare del soffitto, vigilano attente, e, quando il turista di passaggio si alza, rubano dal piattino rimasto sul tavolo i resti della sua colazione. Per niente timide o discrete, fanno un chiasso infernale.
Una famiglia in scooter nel centro di MalindiSul pulmino sgangherato e senza aria condizionata che ci porta a Watamu, il caldo si fa sentire prepotente. Siamo in gennaio e il salto di temperatura, dal freddo che abbiamo lasciato in Italia, è notevole. La strada è stretta e piena di buche. L’autista guida come un pazzo e a ogni sorpasso ringrazi la buona sorte che ti ha fatto evitare, ancora una volta, uno scontro frontale. Le case non hanno alcuno stile o sono baracche. Ovunque ti colpiscono colori sgargianti e insegne, dipinte sui muri senza alcun ritegno o regola. Un enorme quantità di pedoni, di moto, di veicoli e di mercati assurdi riempiono la città. Signore elegantissime passeggiano con un portamento degno delle migliori sfilate di moda. Bambini bellissimi spuntano da ogni dove.
Lasciato l’agglomerato urbano, il paesaggio si fa più tipico, appaiono piccoli villaggi di capanne contornati da palme, banani e giganteschi baobab.
Scimmiette che corrono ai lati dalla strada ti fanno capire che qui gli animali ci sono veramente. Intorno ai villaggi un gran via vai di donne e bambini che trasportano bidoni di acqua potabile. Nelle case non c’è elettricità né acqua corrente, bisogna attingerla dai pozzi o prenderla dalle autocisterne che la distribuiscono. L’ultimo tratto di strada è sterrato e quando, dopo qualche ora di sobbalzi, arriviamo a destinazione, la polvere ha colorato di rosso viso e vestiti.
Niente da dire, il villaggio turistico è proprio ben concepito, dotato di tutti i confort possibili: piscina, aria condizionata, sport, animazione, spiaggia, eleganti costruzioni in stile africano e una cucina italiana di ottimo livello. «Qui non siete in Kenya, questa è una colonia italiana!» Cortese ha ragione. Lui la vita nei residence la conosce bene. È uno delle centinaia di beach boys che affollano la spiaggia fuori dal recinto del villaggio, pronti ad assalirti per venderti di tutto non appena metti la punta del naso al di là del suo perimetro.
Questi venditori ambulanti mettono veramente a dura prova il tuo sistema nervoso. O vai fuori di testa, ti fai prendere dallo sconforto e non oltrepassi i confini della zona sorvegliata, o accetti il confronto. Le prime passeggiate in spiaggia ti costano dai 50 ai 100 euro per l’acquisto di cianfrusaglie che rifilerai ai tuoi amici quando tornerai a casa. Poi diventi loro amico e ne scegli uno che ti faccia da guida e da bodyguard nelle escursioni. Cazunga-Cazunga, Umido, Roy, nomi d’arte di giovani ragazzi, con moglie e figli a carico, che trascorrono la loro giornata, nel periodo turistico, avanti e indietro sulla spiaggia e che ti accompagnano nelle escursioni a Malindi, alla fabbrica del legno, all’isola dei famosi, alla spiaggia Sardegna due, o alle rovine di Geda, la città abitata dalle scimmie.
Bancarella di ciabatte fatte con vecchi pneumatici al mercato di MalindiLa prima mattina del soggiorno ti svegli e cerchi il mare, ma il mare non c’è più. Nella notte si è ritirato a causa della bassa marea. Per oltre due chilometri puoi camminare sul fondo, abitato da pesci variopinti e stelle marine, fino alla barriera corallina. Poi nel pomeriggio tornerà l’alta marea e con lei anche il mare e una piacevole brezza.
In questo girovagare, sotto il sole cocente, scopri le “boutique” della spiaggia, baracche di legno coperte da foglie di palma, gestite da “stiliste” in piena regola, come Patrizia Pepe.
Quando il giorno del rientro in Italia è ormai imminente, la nostalgia ti assale. Non vorresti più partire, vorresti parlare ancora con quei ragazzi che all’inizio ti hanno creato così tanti problemi, portare farina nei villaggi, caramelle ai bambini, condividere per un po’ la loro allegria, addentrarti nell’interno selvaggio: che sia l’inizio del famoso mal d’Africa?
Erino Poli