Boston, la culla d’America
Il mio viaggio prosegue verso il New England, direzione Boston. Tra vie lastricate di mattoni rossi e monumenti degni di una capitale di stato, la città mi offre una lezione di storia che mi fa immergere subito nello spirito patriottico americano. (Foto: © Francesco Longo)
Lancio un ultimo sguardo ai grattacieli di New York mentre imbocco il Robert Kennedy Bridge. La giornata è perfetta per mettersi in viaggio: il sole e il caldo mi accompagnano lungo la strada che mi porta a Boston attraverso il Connecticut e il Rhode Island fino al Massachusetts.
Il vecchio e il nuovoDopo essermi fermato in uno dei tanti diners presenti lungo la highway e aver avuto la mia immancabile parte di caffè americano, proseguo in direzione nord verso Boston e mi addentro nel New England.
L’arrivo nel primo pomeriggio mi fa trovare la città un po’ sonnacchiosa, con poca gente in giro e molte auto parcheggiate. Le vecchie case vittoriane e le chiese dai mattoni rossi splendono al sole e si specchiano negli alti grattacieli di vetro costruiti senza ritegno tutto intorno.
Dopo aver visto New York, ora Boston mi appare come una piccola cittadina di provincia. A parte i palazzi del centro il resto della città è costituito da eleganti vie piene di case in stile inglese molto curate, ristoranti italiani, caffè e boutique alla moda.
In realtà Boston è una città tutt’altro che provinciale: con i suoi quattro milioni di abitanti nell’area metropolitana è il centro economico e culturale del Massachusetts e del New England, senza contare il suo ruolo di rilievo nella storia e nell’indipendenza americana.
La sua importanza storica è palpabile nell’aria, nei numerosi monumenti e nelle molte chiese che si affacciano lungo le strade lastricate di mattoni del centro storico: non per nulla Boston viene chiamata “la culla d’America”.
Dopo aver passato il primo giorno curiosando in ogni singola via, il giorno seguente decido di conoscere meglio la città seguendo il Freedom Trail, un percorso costituito da una fila di mattoncini rossi che per tre miglia attraversa Boston alla scoperta dei luoghi storici della città. Insieme a molti visitatori con le cartine aperte davanti a loro, bibite formato gigante e cappelli tipici da turisti made in USA, seguo il trail e così mi imbatto in chiese, monumenti, parchi, statue e numerosi bostoniani fieri della loro città, che non disdegnano di farmi delle fotografie e di chiedermi se mi stia godendo Boston.
Tra i numerosi siti storici incontro la Massachusetts State House e la sua grande cupola dorata, sede del governatore dello stato, la Old State House, l’edificio più vecchio di Boston e la Park street Church dove Samuel Smith cantò per la prima volta il primo inno americano intitolato “America”, sostituito nel 1931 dal conosciuto “Star-Spangled Banner”.
Il trail è un crescendo di patriottismo nel quale incontro cimiteri di guerra con eroi decorati, monumenti con combattenti a cavallo e statue piene di bandierine attorniate da decine di turisti in coda per la foto.
Il percorso termina con la visita alla casa di Paul Revère, l’eroe bostoniano per antonomasia, reso famoso dalla sua celebre cavalcata notturna servita ad avvisare i coloni rivoltosi all’inizio della guerra d’indipendenza dell’arrivo dell’esercito inglese e per la partecipazione al Boston Tea Party, atto di protesta dei coloni contro la Corona inglese, evento che fece esplodere la rivoluzione in tutti gli Stati.
Termino il Freedom Trail al tramonto, quando le strade di Old Boston iniziano a illuminarsi di piccole lucine bianche appese su alberi, finestre e steccati.
Ringrazio la città per avermi fatto addentrare subito nell’atmosfera patriottica americana e mi rimetto sulla strada.
Prendo l’auto e mi dirigo verso nord in direzione Lowell, città natale dello scrittore Jack Kerouac al quale ho intenzione di rendere omaggio.
Francesco Longo