
Pirateria informatica: pratica dannosa o tattica di marketing?
Durante la manifestazione “Play Fair Day”, Microsoft ha diffuso i dati di un’importante ricerca di mercato sulla diffusione dei software illegali. La condanna del fenomeno da parte degli operatori del settore è netta e unanime. Spesso, però, sono le grandi software house ad alimentare il fenomeno.
Si è recentemente svolta a Milano “Play Fair Day”, manifestazione organizzata da Microsoft al fine di promuovere l’utilizzo di software “genuino”. Il convegno ha l’obiettivo di illustraread aziende, consumatori e istituzioni pubbliche quali sono le norme che regolano il settore e i vantaggi derivanti dall’utilizzo di software legale. Secondo la società di Redmond, il mancato rispetto di tali norme mina la sicurezza dei dati – con particolare riferimento a quelli sensibili – e il sistema economico nel suo complesso in termini di mancato sviluppo.
Durante la manifestazione sono stati illustrati i dati di una ricerca sullo stato del settore effettuata da IDC, società attiva nel campo degli studi di mercato. Secondo l’indagine, il nostro Paese è ai primi posti in Europa per utilizzo di software illegale, con il 49% di copie pirata contro una media europea del 35%. Microsoft sostiene che una riduzione del 10% della pirateria consentirebbe la creazione di 7500 nuovi posti di lavoro, oltre un miliardo di euro di entrate per l’erario e circa quattro miliardi di euro ai termini di ulteriore volume d’affari.
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Sebbene i dati esposti siano indubbiamente impressionanti, essi vanno considerati con le giuste cautele. Se infatti è indiscutibile la grande diffusione di fenomeni di pirateria nel nostro Paese, non è altrettanto certa la quantificazione dei danni che questa comporta. Affermare che la riduzione del fenomeno porterebbe 7500 nuovi posti di lavoro implica che le aziende del settore reinvestano gli ulteriori ricavi per l’assunzione di personale invece di incamerare maggiori utili. Lo studio sembra inoltre non considerare che se da un lato la regolarizzazione delle copie comporta maggiori introiti per il settore IT, dall’altro determina ulteriori costi per gli utenti, i quali potrebbero decidere di migrare verso soluzioni gratuite piuttosto che regolarizzare le licenze, con buona pace dei produttori di software.
Per quanto riguarda il fenomeno nel suo complesso e il giudizio che di esso viene dato dal punto di vista etico, non si possono che condividere le affermazioni di principio ma bisogna tenere presente quali siano i comportamenti tenuti dei grandi operatori. Negli ultimi decenni, infatti, molte software house hanno utilizzato tattiche di marketing aggressive allo scopo di penetrare nei mercati e far sì che i propri standard diventassero globali. La stessa Microsoft ha per anni “favorito” il fenomeno della pirateria informatica, attraverso una mancata protezione dei propri software.
La pirateria informatica, condannata ufficialmente dai produttori, ha spesso rappresentato una fonte di promozione e affermazione dei prodotti. Persino Bill Gates ha affermato che «È più facile per il nostro software competere con Linux quando la pirateria è presente anzi che no». Dunque la pirateria, contenuta entro certi livelli, è divenuta una tattica per conquistare quote di mercato – specialmente nei Paesi in forte espansione – attuata proprio da parte di chi, oggi, cerca di sradicarla.
Alessandro Turco