
Pena capitale? No, perdono
Non basta risparmiare la pena capitale a chi ha ucciso la moglie o ha seviziato dei ragazzini, serve il perdono, serve il nostro amore. (Foto: Flickr cc Emilio Kuffer)
Oggi volevo scrivere un articolo per esprimere la mia opinione sulla pena capitale. Avevo pensato di fare qualche ricerca su Google, trovare le storie di alcuni condannati a morte, magari una storia in cui il protagonista fosse innocente e una, diametralmente opposta, in cui il condannato si fosse davvero macchiato di una delle colpe gravi che oggi, purtroppo ancora in molti stati, vengono punite con questa pena. Poi ho pensato che fosse inutile.
Ormai è ampiamente condiviso che è sbagliato uccidere un assassino per punirlo, la maggior parte degli stati democratici del mondo ha già abolito questa crudeltà e le campagne di sensibilizzazione sul tema hanno reso l’opinione pubblica più consapevole dell’ingiustizia che comporta una simile condanna. La pena capitale non è un deterrente (come dimostrano i dati sulla criminalità in aumento negli stati dove questa pena è ancora vigente), non è un metodo che serve a correggere comportamenti sbagliati (soprattutto nel condannato!), non è “giustizia” utilizzare lo stesso strumento di cui si accusa. Questo è giusto, risaputo, condiviso, ma insufficiente.
Io dico che non ha importanza se un uomo ha stuprato e ucciso la moglie, se invece ha seviziato delle adolescenti o ammazzato un bambino, noi abbiamo il dovere di perdonarlo ugualmente. Non il perdono formale, quello che ci fa preferire un ergastolo alla pena capitale, ma il perdono vero, quello che ci fa amare chi ha commesso atti così orribili. Amare significa voler aiutare, non condonare per i propri errori. Abbiamo il dovere di perdonare chiunque sbagli, senza esclusioni o eccezioni, abbiamo il dovere di aiutare queste persone a cambiare, a liberarsi delle paure che li hanno portati a compiere atti così atroci e disumani.
Perché non esistono “mostri”, ma persone come noi, con le nostre stesse debolezze, le stesse paure, le stesse sofferenze, che hanno commesso, è vero, errori gravissimi, ma restano comunque persone come noi. Chi di noi non ha mai commesso un errore e non ha desiderato perdono, comprensione e aiuto? Chi di noi preferisce una punizione senza appello, il disprezzo della gente e la solitudine, per i propri sbagli? Chi di noi ha il diritto di scagliare la pietra?
Forse dovremmo semplicemente aprire la mano e lasciare cadere l’odio, assieme al sasso.
Dobbiamo renderci conto che chi commette simili gesti è una persona che soffre, che sta male, che commette un errore enorme, è vero, ma che merita rispetto, comprensione, aiuto e amore, come ognuno di noi. Non basta dire che la pena capitale è eccessiva, bisogna cominciare a perdonare, perché l’odio che crediamo giusto, l’indifferenza che ci sembra appropriata, sono il cibo di cui si alimenta la sofferenza che distrugge il mondo ogni giorno, quella stessa che vorremo vedere scomparire ma che, spesso inconsapevolmente, alimentiamo in prima persona.
Non si tratta di mondi lontani: se non voglio perdonare l’uomo condannato a morte nel Texas, non sono realmente capace di amare neppure la persona che dorme accanto a me ogni notte. Non conta quanto sia difficile il percorso che ci porta al perdono, perché senza questo cammino non ci sarà neppure l’amore. Credo che nessuno di noi, se rifiuta la via del perdono gratuito e senza esclusioni, potrà mai definirsi cristiano, potrà mai essere davvero umano.
Giacomo Papasidero