Attitudine naturale alla base della dislessia

«Il dono della dislessia è il dono della padronanza». Queste le parole di Ron Davis, ingegnere statunitense, ideatore del metodo che prende il suo nome: il metodo Davis. Attraverso lo studio di tecniche e strumenti nuovi, la dislessia, intoppo neurologico, diventa un punto di forza e non un problema irrisolvibile. (Foto: Flickr cc muscolinos)

Lettura lenta e non sempre corretta, comprensione inadeguata, rapido affaticamento, confusione tra parole simili per forma e contenuto sono i sintomi principali di una patologia che interessa, ormai, sia grandi che piccoli: la dislessia, intoppo neurologico, definita, così, da recenti studi anglosassoni. Il dislessico utilizza maggiormente la parte destra del cervello, fin da piccolo, causando situazioni di confusione di fronte a stimoli o compiti, tra i quali la lettura, che richiedono un intervento prioritario della parte sinistra del cervello. La dislessia non consente, infatti, la realizzazione dei processi seriali e paralleli della lettura che permettono di leggere e capire le parole, singolarmente e globalmente. Ron Davis, ingegnere dislessico dall’età di sedici anni, che, come tutti i dislessici, ha il dono della creatività e dell’immaginazione, ha ideato un metodo per padroneggiare i particolari aspetti percettivi che i dislessici mettono in atto. Questi aspetti permettono di avere un’elevata velocità di pensiero, non adeguata, però, alle normali modalità di scrittura, lettura, sequenzialità di calcolo. L’ingegnere statunitense ha sperimentato prima su di sé le proprie intuizioni e poi, in collaborazione con un’èquipe di psicologi, ha permesso di leggere, scrivere e studiare in maniera normale a più di 2000 dislessici. Uno degli elementi di forza del metodo Davis sta nel risolvere la confusione delle lettere attraverso l’ideazione di un alfabeto in plastilina.
Come ha spiegato anche Pierangiola Maglioli, logopedista e sostenitrice del metodo in Italia, sapendo che il dislessico pensa frequentemente per immagini, modellando il significato della parola con la plastilina, attua un’immagine mentale duratura per un vocabolo particolare e la sua rappresentazione grafica, la scrittura. Questo permette una comprensione precisa di una parola e la conoscenza della sequenza esatta dei vari grafemi. L’alfabeto, in questo modo, diventa qualcosa del quale ci si può appropriare e il dislessico impara a padroneggiare la sua rapidità di immagine rispetto alla parola. Oltre agli aspetti di percezione visiva, sono sollecitati anche quelli di percezione uditiva, che viene riorganizzata correttamente grazie ad una stimolazione acustica particolare. Altri obiettivi del metodo Davis sono la corretta impostazione delle capacità di attenzione, il controllo dei fattori che provocano il disorientamento, la risoluzione delle difficoltà di apprendimento specifico e quelle di attenzione e iperattività attraverso tecniche di rilassamento, controllo dell’energia, presa di coscienza degli stimoli e padronanza dei simboli. Le battute finali, riservate a Ron Davis, fanno capire come i numerosi studi sulla dislessia permettono di convivere con realtà di questo genere, sentendosi sempre parte integrante della società in cui si vive: «la dislessia non è un problema complesso. È una combinazione di elementi semplici da gestire uno dopo l’altro. Alla base della dislessia c’è un’attitudine naturale, un talento».

Valentina Lauria

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