Le imprese a corto di tecnici e i giovani a spasso
In piena crisi scarseggiano le competenze tecniche. Falegnami, carpentieri ed elettricisti, le figure più ricercate dalle imprese. A mettere in luce i paradossi e le contraddizioni di un mercato del lavoro in cui domanda e offerta non si incontrano è il rapporto di Manpower, “Talent Shortage Survey 2011”.
Nella classifica delle dieci professionalità più difficili da reclutare, in Italia, al primo posto c’è proprio la manodopera specializzata. Le più ricercate sono le professionalità tipicamente artigiane: falegnami, carpentieri, meccanici, pasticceri ed elettricisti, nonostante la crisi, sono, infatti, “introvabili”. Nella classifica delle figure più “ricercate”, il secondo posto spetta invece ai “tecnici”, mentre il terzo posto al personale d’ufficio, come segretarie e assistenti del personale.
Risultato? Un grande paradosso: nonostante gli alti livelli di disoccupazione, le aziende denunciano difficoltà nel reperire il personale ritenuto strategico per il successo dell’organizzazione, lasciando i giovani sempre più distanti dal mondo del lavoro e incrementando l’allarmante fenomeno dei cosiddetti “neet”, acronimo inglese per “not in education, employment or training”.
Accade, quindi, che i giovani, istruiti, ma incapaci di maneggiare uno scalpello, siano troppo qualificati per l’attività lavorativa svolta o richiesta (overeducation). Ecco allora che si verifica un divario tra la domanda e l’offerta di competenze (mismatch).
Entrambi i fenomeni influiscono negativamente sul mercato del lavoro: capita così che più di un laureato su dieci svolga un’attività per la quale sarebbe stata sufficiente una formazione meno qualificata e che le università si affollino di corsi di laurea con elevati tassi di disoccupazione, mentre il fabbisogno di professionalità da parte delle imprese rimane insoddisfatto.
Per risolvere il paradosso e rilanciare l’occupazione, sarebbe importante una maggiore coesione tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro.
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Rendere più concreti i percorsi di studio con qualifiche e riconoscimenti spendibili in ambiti professionali, senza per questo conseguire una laurea, potrebbe facilitare l’inserimento nel mercato del lavoro di molti giovani, senza la delusione di sentirsi troppo qualificati e preparati. Colmare, invece, il divario tra domanda e competenze con corsi di laurea e percorsi accademici in linea con le richieste delle aziende e le tendenze del mercato contribuirebbe a riallineare la domanda con l’offerta e a rendere i titoli accademici sempre attuali, adeguati e rispondenti alle offerte di lavoro.
Purtroppo, sempre secondo la ricerca condotta da Manpower, solo il 4% degli intervistati ritiene che collaborare con scuole e istituti, per definire percorsi di studio in linea con il bisogno di talenti, sia la strategia giusta per ovviare alle carenze di reperibilità del personale. Al momento le strategie delle aziende per superare il “talent shortage” puntano all’individuazione delle professionalità mancanti solo all’interno del proprio organico e alla formazione del personale esistente per ricoprire i ruoli vacanti. Di questi tempi, però, questo non aiuta a incrementare l’occupazione, ma la preoccupazione.
Beraldo Azzurra
Foto: http://www.flickr.com/photos/porst/4612869875/