Le figure danzanti di Sofia Cacciapaglia
Un nuovo talento, una scoperta recentissima nel campo dell’Arte Contemporanea: un volto giovanile che ci propone un ritorno al figurativo, all’indagine del proprio io attraverso una femminilità riscoperta. Espone, presentata da Sgarbi, alla 54ma Biennale dell’Arte e adesso sta cavalcando l’onda di un successo sempre crescente. Vediamo il quadro che ha esposto al Padiglione Italia della rinomata Biennale d’Arte veneziana.
Sofia Cacciapaglia è una giovanissima artista nata nel 1983 a Ponte dell’Olio. Appassionata fin da piccola all’arte, il suo percorso di studi si indirizza presto verso questa disciplina: comincia dal Liceo Artistico, poi si iscrive all’Accademia delle Belle Arti di Brera, che vanta tra i suoi ex-iscritti figure di spicco come Lucio Fontana. A New York incontrerà e collaborerà con il celebre fotografo Fabrizio Ferri, famoso per i suoi corpi danzanti e fluttuanti. Tornata a Milano, collaborerà poi con diverse prestigiose gallerie: Visionnaire Design Gallery, Chocci Gallery; nel 2011 ancora con La Permanente e con l’Idroscalo. A luglio dello stesso anno ha inaugurato una collettiva in Toscana, al Castello di Arcidosso.
Sofia Cacciapaglia – Senza titolo
Senza titolo è la grande tela di oltre 2 metri che è stata presentata alle 54ma Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia (terminata il 27 novembre 2011) da Vittorio Sgarbi, presso il Padiglione Italia. Un Padiglione che ha suscitato polemiche e discussioni, ma che ha avuto il grande merito di aver rilanciato giovani artisti emergenti come Sofia. È un’opera che si oppone alle gabbie del nome e della definizione, come dice l’artista: dare un titolo a un quadro è come renderlo troppo personale, mentre esso deve rimanere piuttosto qualcosa di condivisibile, deve poter essere parte anche del pubblico. Le tre grandi figure rappresentate sono in realtà un autoritratto, perché l’artista parte sempre dalla conoscenza di se stessa per giungere a una rappresentazione visuale di concetti fondamentali quali la piena consapevolezza formale del proprio corpo. Un ritorno alla figurazione dunque, un difficile passo che si muove contrariamente all’astratto e al concettuale: idee che hanno avuto una dirompenza dilagante negli ultimi decenni per l’arte cosiddetta Contemporanea. Forse l’arte di Sofia tenta ancora di comunicare con il pubblico in un senso più diretto, riproponendo quadri con linee sinuose e che si armonizzano quasi a voler creare un’unità sostanziale, un accentramento del soggetto, un vortice di caos ordinato. Questa libertà onirica si esprime e si concentra nei piccoli dettagli: gli occhi aperti, gli occhi chiusi, le mani che ripropongono il movimento delle gambe.
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Figure che si cercano, si toccano, si respingono: il tutto presentato con un tocco di tradizionale classicità, concepita nell’attenzione per le sfumature, i contorni e le somiglianze. La luce, a uno sguardo distratto, potrebbe sembrare un risultato secondario, eppure è molto presente: è un fattore anestetizzante, che crea un piacevole effetto ovattato, di sospensione. Ci piace immaginare la nostra giovane artista mentre dipinge immersa dalla luce proveniente da una finestra aperta in una calda giornata di sole. La staticità delle figure, riproposte in leggere e delicate onde, è una caratteristica difficilissima da riprodurre: fa ripensare alla grande arte del Novecento italiano, ad artisti come Casorati, Morandi, Sironi; quegli artisti del grande filone simbolico-figurativo ai quali Sofia conferma di ispirarsi.
La placidità e la distensione delle figure femminili descritte sembra essere in netto contrasto con la frenetica corsa della vita attuale che pare non creare nel quadro fattori disturbanti (cosa che invece capitava per altre artiste specializzate in ritratti femminei come Chantal Joffe). Probabilmente questa caratteristica si affianca ad una visione in qualche modo positiva dell’arte e quindi del mondo stesso; una nota distintiva propria che merita un certo riguardo.
Franzin Ester