Lavoro e passione
Quando si parla di orientamento scolastico nella scuola secondaria superiore, di solito si fa riferimento ai test che team di psicologi somministrano ai ragazzi dell’ultimo anno per aiutarli a capire quali capacità e predisposizioni abbiano, di modo che scelgano la carriera universitaria o il lavoro più adatti alle loro capacità. Test o colloqui di orientamento, generalmente, puntano a comprendere il settore in cui ogni ragazzo può esprimere il meglio di sé, ottenere buoni risultati, eccellere e avere successo in futuro. Sebbene gli intenti siano lodevoli, e lo scopo sia quello di indicare anche la via che “garantisca” maggiormente un lavoro, manca qualcosa: che fine ha fatto la passione?
Anche il passaggio dalla scuola media a quella superiore è segnato dei consigli di professionisti e insegnanti che aiutano genitori e ragazzi ad orientarsi, consigli che di solito puntano solo a mostrare i settori dove i giovani eccellono, a indirizzarli verso quei percorsi nei quali potranno avere successo. Sembra che quasi tutti (ma eccezioni ve ne sono, fortunatamente!) si siano dimenticati dell’importanza della passione.
Purtroppo mi capita di sentire obiezioni alla considerazione che non si può scegliere un lavoro o un indirizzo che richiede anni di studio solo in funzione delle possibilità lavorative, perché bisogna guardare alla sicurezza economica di un domani e ad un posto stabile, anche se oggi questa prospettiva ha perso molto nel riscontro pratico. Il vero problema è che in nome di una “sicurezza” socio-economica dimentichiamo la felicità personale e l’autorealizzazione. Romantico? Niente affatto.
Anche il lavoro più sicuro e ben pagato, se fatto senza passione, senza un profondo e autentico interesse, finirà col diventare una prigionia, una costrizione frustrante, diverrà un peso che renderà amara qualsiasi vita. Come esseri umani abbiamo bisogno di sentirci realizzati, e possiamo realizzarci solo esprimendo tutto il nostro potenziale: la via per farlo è dare spazio alle nostre inclinazioni, alle nostre passioni, e poco importa se in quel che amiamo realmente fare non diventeremo dei Murinho oppure dei Picasso. Alla fine conterà veramente aver trovato il successo a costo della nostra felicità? Non credo.
Dobbiamo riscoprire le nostre passioni, ritrovare quelle attività che ci riempiono le giornate di soddisfazione, che danno un senso profondo e appagante alla nostra vita. Se vogliamo vivere una vita felice – ricordo di aver letto –, dobbiamo fare un lavoro che amiamo. Non si tratta di idealismo e fantasia, ma di trasformare le nostre passioni in un lavoro, di tradurre in denaro ciò che amiamo fare, o di amare il lavoro che facciamo: questo è il vero segreto del successo.
Il primo passo è quindi riscoprire cosa amiamo fare, cosa ci gratifica, capire che lavoreremo molte più ore della nostra vita di quante non ne dedicheremo a qualsiasi altra attività: perché non impiegarle in qualcosa di appassionante e soddisfacente?