La fiaba: viaggio intorno e dentro noi

Sono i paesaggi che ci circondano a fare da sfondo alle fiabe a noi più care.
Come ispirarono i vecchi autori fino a far emergere dalle loro fantasie le storie più belle, così ora questi luoghi si vestono della nostra immaginazione per svelarci il loro volto nascosto.
 

Fonte d'eterna giovinezza

Girare l’angolo e ritrovarsi all’improvviso troppo grandi per credere ancora alle fiabe un po’ fa male. Sfogliare piano la vecchia raccolta dei fratelli Grimm, grosso, caro tomo che in tante sere ci ha tenuto compagnia, cullandoci fino al dolce oblio dei sogni, ora ci dà un brivido diverso, quasi stessimo sconfinando nel proibito.
Fantasticare oggi è, anche troppo spesso, considerato con accezione negativa. Viene definito un’attività infantile, degna di popoli primitivi, non delle moderne società basate sulla ragione e sulla razionalità.
Tuttavia «…la fantasia è una naturale attività umana», diceva Tolkien nel suo saggio sulle fiabe, «…la quale certamente non distrugge e neppure reca offesa alla ragione… al contrario, più acuta e chiara è la ragione e migliori fantasie essa produrrà». Non bisogna, quindi, confondere la fantasia con l’illusione, quella sì devastante per l’animo umano. Se, dunque, la fiaba non deriva da un atto di evasione della mente umana, se essa non rappresenta una fuga dalla realtà, come si rapporta a questa?

Il lupo, in attesa dietro l'albero

«Mi stavano nella mente come un granello» avrebbe risposto Andersen parlando delle sue opere, «…ci voleva soltanto un soffio di vento, un raggio di sole, una goccia d’erba amara perché esse sbocciassero».
Tolkien chiarisce ancora una volta il concetto: «…la fantasia non ottenebra i chiari contorni del mondo reale, perché da essi dipende».
Ecco dunque svelato il segreto. L’atto sub creativo che si cela nella realizzazione di una fiaba dipende dall’interazione tra il nostro animo ed il mondo circostante; la letteratura è un’arte che sviluppa una sua forma di mente in mente, a seconda dell’esperienza di ogni singolo lettore. Ciò significa che, nel caso specifico della fiaba, non esiste una forma assoluta per la montagna, per la foresta o per il ruscello. Sono le nostre montagne, le nostre foreste e i nostri ruscelli, che si trasformano nella tela su cui dipingere la trama della fiaba. E la tempera si unisce alla tela in un unico elemento. Nella fiaba ci ritroviamo in un mondo senza dimensioni, senza più prospettiva esterna, perché siamo ormai dentro le cose; ci fondiamo con il paesaggio quando questo prende vita nutrendosi della nostra fantasia.

Paesaggi animati delle fantasie

Le colline d’Irlanda diventano, allora, i luoghi di svago di piccoli e goffi esseri magici dalle orecchie a punta, nascosti tra l’erba agitata dal vento; scaliamo le alte pareti rocciose delle nostre montagne alla ricerca del passaggio che porta al paradiso terrestre e beviamo da ogni rivolo d’acqua, certi di aver trovato la fonte dell’eterna giovinezza. Ogni albero dell’immensa Foresta Nera cela il lupo in attesa, ed ogni grotta scavata dal tempo nei nostri Appennini è rifugio di fate ed orchi.

Paesi molto, molto lontani


Fu in gran parte il paesaggio europeo, infatti, ad ispirare le fiabe più celebri. Andersen fu grande viaggiatore e i fratelli Grimm studiarono a fondo le tradizioni folkloristiche europee. Chilometri e chilometri di paesaggi hanno dato forma alle storie a noi tanto care. Persino casa nostra potrebbe nascondersi tra quelle vecchie pagine. Immergersi in una fiaba è quindi ben altra cosa che una semplice attività infantile: è un doppio viaggio che ci attende, attraverso sentieri, boschi e lontani paesi, per scoprirne le sfumature celate alla sola ragione e lasciare che quei paesaggi traggano da noi ciò che ancora non immaginavamo. Un viaggio senza tempo, né spazio definito, nel “c’era una volta” e verso “paesi molto, molto lontani”, alla scoperta del segreto più recondito: noi stessi.

“e fine di tutto il nostro esplorare
sarà arrivare dove siamo partiti
e conoscere il luogo per la prima volta”
                                          T.S. Eliot

Davide Lepore

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