La dissolvenza della verità… questione di immagine!

Un viaggio introspettivo nell’arte del CCCS (Centro di Cultura Contemporanea) alla scoperta  dei capolavori  di Gerhard Richter ed altri sette artisti contemporanei accomunati da una profonda sfiducia nei confronti dell’immagine come veicolo di verità.

Ingresso Strozzina

Oggi, in un mondo che ha disperatamente bisogno di tolleranza e maggiore flessibilità, di una messa a fuoco più soft, forse il tema di questa fantastica esposizione merita tutta la nostra attenzione.

Mi piacerebbe infatti cominciare con una frase  scritta da uno scrittore ceco Karl Capek a proposito dell’importanza filosofica del confondere e dissolvere le distinzioni: “Quando sali in cima a una montagna vedi che tutto ciò che sta sotto di te si livella fino a diventare un’unica indistinta pianura”.
Effettivamente pensandoci, anche le verità più evidenti si confondono se viste da una certa altezza.
Ovviamente, sia chiaro, noi non viviamo di certo sulla cima di una montagna, ma di tanto in tanto potremmo alzare lo sguardo proprio verso quella montagna pensando che tutte quelle verità esistono ugualmente solo viste in un’ottica differente, oserei dire “miscelata” con qualcosa di più lontano.

Un discorso forse un po’ contorto ma che sicuramente trova la sua chiave di lettura in questa mostra, dal titolo Gerhard Richter e la dissolvenza nell’arte contemporanea (dal 20 Febbraio al 25 Aprile 2010) ideata da Franziska Nori, project director CCCS, e da Hubertus Gassner, direttore della Kunsthalle di Amburgo, uno dei più importanti musei in Germania.

Richter Family Portrait

Il concept della mostra, come ben esprime il titolo, è l’inganno, la manipolazione della realtà attraverso l’immagine, e in ultima analisi la capacità dell’arte di “addomesticare” o meglio falsare la realtà.
Le opere del maestro tedesco Richter, realizzate con colori a olio su fotografie o attraverso la pennellata fuggevole, sono la realizzazione concreta di questo concetto.
Visitare ed esplorare il CCCS noto come “La Strozzina”, una piattaforma pressoché total white di 850 metri quadrati situato al di sotto del cortile del Palazzo Strozzi, uno tra i più squisiti esempi fiorentini di architettura rinascimentale, è sicuramente un’esperienza catartica se non addirittura allucinata.

Veduta spazio espositivo all’interno del CCCS

Il percorso espositivo si snoda fra dodici opere del grande Richter, che entrano in rapporto con i lavori di altri sette artisti contemporanei, ognuno dei quali condivide la stessa sfiducia nei confronti dell’immagine come veicolo di verità: l’italiano Lorenzo Banci che studia i confini tra la rappresentazione e l’astrazione, dipingendo forme tratte da fotografie di luoghi apparentemente marginali dove la luce diviene la principale protagonista; gli statunitensi Marc Breslin e Scott Short dove il lavoro concettuale si basa sul fotocopiare centinaia di volte lo stesso foglio bianco, fino a quando si generano, in maniera del tutto casuale dei segni che creano un’immagine tradotta poi in dipinto; l’inglese Roger Hiorns creatore di installazioni di carattere scultoreo in cui i componenti chimici innescano attraverso dei processi di trasformazione nuove forme; il tedesco Wolfgang Tillmans che si spinge fino all’astrazione lavorando con immagini create direttamente sul negativo senza l’ausilio della macchina fotografica ed infine il cinese Xie Nanxing che crea invece delle immagini che riflettono sulla condizione umana attuale, così dominato dall’estetica dei media, unendo insieme video, fotografia e pittura.

Certo, girovagare tra le undici sale del CCCS è a dir poco stranissimo, verrebbe quasi voglia di strizzarsi gli occhi per capire se sogno o son desta, le sfocature delle immagini-dipinti sono evidentissime se non addirittura ostentate.

Sicuramente la prima osservazione che mi balena per la testa ammirando questi “enigmi contemporanei” è che gli artisti al giorno d’oggi, in un mondo come il nostro, perennemente sommerso da una marea d’immagini, devono combattere per trovare delle strategie alternative.

Lorenzo Banci – effetti di luce

Richter ad esempio è uno dei pionieri (viventi) nel portare all’estremo la dissoluzione sia della figura che, della tecnica espressiva stessa, dipinge sopra fotografie originali o usa una particolare tecnica di pittura sfocata.
Come punto di partenza, Richter seleziona deliberatamente soggetti comuni o casuali, come ritratti di una normale famiglia ad esempio. Ben consapevole del potere delle immagini, egli si sforza di rompere o piuttosto di mettere in dubbio la loro chiarezza, facendo emergere o scomparire le immagini stesse.
Ma a proposito di chiarezza concettuale, una installazione da lasciar a mio avviso senza fiato è una creazione di Antony Gormley  fatta esclusivamente di tubi in alluminio.

Antony Gormley – Installazione Tubi di alluminio

Diverse centinaia di metri di metallo tubolare avvolte in linee concentriche che vanno a riempire un intero spazio espositivo, come un dinamico disegno tridimensionale.
Spinta quindi e incentivata dall’ultima tendenza del 3D cinematografico ho deciso di diventare parte integrante della sua opera… provo quindi a passare tra le aggrovigliate spirali che vorticose sembrano inghiottirmi, fruendo della prospettiva da diverse angolazioni… che dire, un esperimento parallelo che consiglio vivamente a tutti i visitatori (anche perché fortunatamente è consentito).

Giunti ormai al capolinea di questo viaggio surreale, non mi resta che lasciarvi con una frase dello stesso Richter ed augurarvi, qualora passaste da Firenze, una buona catarsi:

“Sfoco i miei quadri per fare in modo che tutto diventi uguale: ugualmente importante e ugualmente trascurabile..”

Zaira Leone

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