Il diritto al cibo: sfamare oggi, nutrire domani

Cosa rimarrà dell’enorme aiuto internazionale profuso in emergenza umanitaria in Corno d’Africa? Dare cibo oggi non è portare sicurezza alimentare domani. Onestà e impegni concreti per sostenere il diritto al cibo di chi ha già dimostrato di potersi guadagnare il pane ogni giorno.

Il 21 ottobre Unicef ha pubblicato il puntuale aggiornamento sull’emergenza in Corno d’Africa. Dopo tre mesi di lavoro, più di 13 milioni di persone necessitano ancora di aiuto. In Somalia, con sei aree già dichiarate in stato di carestia, Etiopia, Kenia e in Gibuti, 750 mila bambini non hanno diritto al cibo per sopravvivere. La metà di queste piccole vite porta i segni di una malnutrizione così grave da poter morire in qualunque momento. Una potente risposta internazionale ha finora coperto l’83% degli aiuti richiesti per far fronte all’emergenza, ma la conclusione stimata è lontana. Siccità, guerra e aumento dei prezzi di cibo e carburanti: i tre nemici alleati nello scatenare la peggiore crisi alimentare mai conosciuta al mondo. L’agricoltura africana ha già dimostrato di potersi confrontare con essi. L’esperienza della regione del Tigray, nord Etiopia, parla della capacità del popolo africano di valorizzare l’agricoltura delle proprie terre e vivere una maggiore sicurezza alimentare. Dal 1996 ventimila famiglie di agricoltori, sostenute dal Ministero per lo Sviluppo Agricolo e Rurale locale insieme a FAO, ISD (Institute for Sustainable Development) e numerosi altri partner, hanno espanso il mercato delle loro produzioni biologiche del 15% l’anno.

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Le politiche nazionali devono lavorare ancora molto per accrescere esperienze come questa, sostenendo la formazione della professionalità nei piccoli agricoltori. Molte le promesse di impegni reali a difesa dalla fame, primo diritto alla vita, qualche giorno fa alla Giornata Mondiale dell’Alimentazione. L’intervento del Direttore generale della FAO, denunciate le speculazioni finanziarie sulle commodity agricole e la scarsa trasparenza dei mercati, ha invitato i governi internazionali a potenziare gli aiuti economici allo sviluppo agricolo, oggi ridotti al 6% dal 19% del 1980. Altrettanto concreto il Vice Presidente dell’IFAD (International Fund for Agricultural Development) sulla necessità di maggiori investimenti nella ricerca in agricoltura – in aree quali il Corno d’Africa, troppo a lungo dimenticate oltre le situazioni di emergenza – e sulla gestione integrata degli elementi chiave di protezione delle risorse naturali, primo bene e capitale dei piccoli agricoltori locali. Nella fitta rete di rapporti che lega la terra all’agire umano, sembra doversi infiltrare una nuova capacità, la resilienza, che Unicef individua quale cuore pulsante delle sue azioni, documentate nell’Umanitarian Action Report 2010. È l’abilità di resistere e respingere le avversità esterne, proteggendo la propria identità e difendendo le funzioni vitali, che deve guidare l’operatività degli interventi che vogliono garantire il reale diritto al cibo: insegnare abilità, per preparare le realtà locali a fronteggiare le emergenze alimentari dall’interno, sostenerne la crescita con una presenza unicamente interessata a garantire il diritto fondamentale a mangiare, per crescere e vivere bene. Non solo per sopravvivere.

Beatrice Sartini

Foto: http://www.flickr.com/photos/cimmyt/5100434243/sizes/z/in/photostream/

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