Control-i: la funzione speciale del corsivo

Ironia della sorte, anche nel Paese di riferimento della cultura occidentale, con il suo ricco patrimonio di scritture considerate modelli fondamentali, si apre il dibattito per interrompere l’insegnamento del corsivo nelle scuole, seguendo la scia di Stati Uniti e Germania.

Gli anglosassoni ancor oggi lo chiamano “Italic” perché lo vedevano sulle lettere provenienti dall’Italia: noi lo chiamiamo “corsivo.
Non è forse anacronistico continuare ad insegnare ai bambini ad utilizzare il corsivo, una grafia così personale che si discosta pesantemente da quelle precise lettere in stampatello maiuscolo della tastiera?
È Italo Farnetani, membro della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), a seminare la pianta del dubbio e la questione sembra ridursi tutta qui: continuare ad insegnare il corsivo alle nuove generazioni del digitale potrebbe rallentare o impedire una rapida associazione tra le lettere scritte e quelle digitate.
Di qui la proposta di abolire l’insegnamento della scrittura corsiva nelle scuole elementari, sulla scia dell’esempio della Germania, pioniera in Europa nel proclamare a scuola la lotta al corsivo e degli Stati Uniti, dove la formula è, invece, già collaudata.
Ma se si può semplificare così il nocciolo del dibattito sfociato nella proposta alla Gelmini, non si può fare altrettanto con i presupposti di partenza: che cos’è la scrittura e come si impara a scrivere?
Scrivere a mano è un’arte, un’arte antichissima sopravvissuta nel tempo, ma non solo, è un’abilità che si matura e si esercita.
Le competenze che concorrono nell’apprendimento della scrittura sono diverse: abilità fonologiche, visuopercettive, motorie e visuospaziali. Per definire buono un prodotto scritto, i bambini devono sviluppare, inizialmente, la capacità di scomporre una parola, ovvero un flusso continuo di suoni in fonemi distintivi, per operare gradualmente con lettere, sillabe, parole e frasi.
Devono poi memorizzare la corrispondenza tra fonema (il suono di una lettera) e il rispettivo grafema (il simbolo scritto della lettera).
Aggiungiamo l’abilità motoria, per riprodurre i diversi grafemi e le loro varianti maiuscole o minuscole e infine l’abilità visuospaziale, ovvero, saper misurare e posizionare spazialmente lettere e parole sul rigo e nella pagina.
Scrivere quindi, significa riprodurre movimenti rapidi, precisi, caratterizzati da cambi di direzione, ma che siano allo stesso tempo armonici, coordinando le dita della mano, il polso, l’avambraccio e la spalla. Il corsivo rispetto allo stampatello richiede, per questa ragione, abilità più complesse ed articolate, poiché diviene indispensabile che il movimento curvilineo sia armonioso nel tracciare e congiungere le lettere all’interno di una parola.
Non è forse un grande paradosso insegnare qualcosa di più semplice, come lo stampatello, per agevolare l’uso di nuovi mezzi, frenando la maturazione di altre più complete abilità?
Nelle società più antiche, la conoscenza della scrittura era più di un privilegio, era una funzione sociale legata alla religione e all’arte di governare: la Dichiarazione di Indipendenza americana venne scritta nel 1776 in corsivo. Il dubbio è che forse in futuro non saranno più in grado di leggerla.

Azzurra Beraldo

Foto: http://www.flickr.com/photos/pinomoscato/5642347291/

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