Chi è diverso?
Tratto da tempovissuto.it
Leggendo i giornali di circa un mese fa, o semplicemente sbirciando tra le notizie on-line o ascoltando qualche notiziario televisivo, non è passata certo inosservata la polemica scoppiata attorno alle esternazioni del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in relazione agli omosessuali. Non mi interessa entrare nel merito della polemica, quanto piuttosto osservare come l’indignazione generale sia in grado di convivere pacificamente con una strisciante “diffidenza”nei confronti delle persone che, per un motivo o per un altro, vengono considerate diverse.
L’orientamento sessuale, sebbene al centro dei dibattiti recenti e di varie iniziative sociali, è solo una delle forme di “diversità” con le quali oggi dobbiamo fare i conti. Chi è diverso?
Per parlare di “diverso” dovremmo almeno partire da ciò che invece non lo è, ciò che viene generalmente definito “normale”: innanzi tutto dovremmo renderci conto che essere normali vuol dire semplicemente stare nella norma, ovvero aderire al comportamento più comune, non certo, per questo, naturale, “giusto” o lecito. Se ad esempio vivessimo in una società in cui vige la pena di morte, tale condanna sarebbe “normale”, e diverso sarebbe considerato chi invece ne vorrebbe l’abolizione. Spesso invece finiamo per fraintendere ciò che è normale come qualcosa di corretto, giusto, “naturale”, relazionandoci con le persone e le situazioni che si discostano da questa normalità in modo diffidente e a volte anche aggressivo.
Il bisogno di sentirci sicuri è uno dei punti fondamentali per un essere umano, e già Maslow aveva elaborato una teoria dei bisogni, negli anni Settanta, in cui poneva alla base delle necessità umane il senso di sicurezza e protezione. Ciò che è diverso, coloro che escono fuori dalla norma, rappresenta un’incognita, è sconosciuto e, quindi, potenzialmente pericoloso. Il nostro bisogno di sicurezza ci spinge a diffidare e ci porta anche a temere ciò che non conosciamo e comprendiamo. Questo significa che la paura del “diverso” è un istinto naturale dell’uomo? Non credo proprio: significa invece che è una reazione all’ignoranza che abbiamo di fronte a ciò che esce dagli schemi consolidati, alla routine, al comportamento delle maggioranze.
Parlare di omofobia, piuttosto che di intolleranza religiosa o culturale, significa porre l’accento sulle paure che la gente conserva nei confronti di quanto non conosce. L’ignoranza è ciò che alimenta la paura: temiamo le cose che non consociamo perché potrebbero farci soffrire.
Se vogliamo cambiare in positivo, se vogliamo migliorare noi stessi e anche la società che ci circonda, dobbiamo iniziare con il cercare di capire e comprendere tutte le sue sfumature, tutte le particolarità; imparando a conoscere, e rispettare, verrà meno la paura. Madame Curie diceva “non c’è niente di cui aver paura, c’è solo da capire”, e sono convinto che se iniziassimo a guardare alle novità, qualsiasi esse siano, con un’apertura mentale volta a comprendere e accettare, potremo costruire una società migliore e pacifica per tutti noi.