Cappellacci ferraresi e tortelli mantovani, ovvero il lato nobile della zucca

La zucca è considerata un ortaggio talmente povero e modesto da essere stata spesso, e ingiustamente, esclusa dai ricettari di importanti maestri dell’arte culinaria. Negletta dai più, diventa protagonista indiscussa di due ricette principesche che continuano a nobilitarne il destino: i tortelli mantovani e i cappellacci ferraresi.

 

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a zucca è nell’immaginario collettivo l’ingrediente povero e insipido per antonomasia. Dal ’500 in poi alla varietà autoctona europea Lagenaria, o zucca da vino, si è aggiunta la varietà Cucurbita, più polposa e saporita, importata dalle Americhe che, grazie alla sua facilità di coltivazione e alle sue caratteristiche nutrizionali, è stata per lungo tempo una delle basi della cucina contadina.
Questo ortaggio, piuttosto ricco dal punto di vista nutrizionale, per lungo tempo è stato trattato con sufficienza dagli esperti, sia del settore culinario sia di quello botanico, tanto che Pellegrino Artusi si è ben guardato dall’inserirlo nel suo famoso ricettario del 1891, La scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene, considerandolo non abbastanza “nobile” per le mense borghesi. Solo negli ultimi decenni, sulla scia della rivalutazione delle ricette tradizionali, e anche grazie alla più recente popolarità della ricorrenza di Halloween, la zucca ha guadagnato qualche punto in più nella considerazione degli italiani.

La zucca vestita a festa

Pur nella sua modestia, però, la zucca ha goduto, e gode tuttora, di alcuni momenti di gloria e di riscatto. Circa un secolo prima che Charles Perrault nobilitasse la vile zucca trasformandola in una carrozza principesca, grazie a un colpo di bacchetta magica, nelle non meno principesche cucine di due grandi corti italiane, verso la fine del ’500, era avvenuta un’altra magia.
Le cucine delle corti rinascimentali erano fucine di meraviglie culinarie il cui scopo era quello di sbalordire i commensali, sia dal punto di vista scenico sia da quello gustativo. Fu proprio alla corte dei Gonzaga a Modena e in quella degli Estensi a Ferrara che vennero create le punte di diamante della zucca: tortelli mantovani (PAT) e cappellacci ferraresi (IGP dal 2016).

Una lunga storia alle spalle

Entrambi appartengono alla categoria della pasta ripiena, nata tra il XII e XIII secolo nelle cucine signorili di varie regioni d’Italia, e poi perfezionata nelle corti rinascimentali. Tortelli e cappellacci appartengono quindi alla tradizione dell’Italia centro-settentrionale e le varianti più conosciute di questa categoria sono quelle elaborate nella pianura padana.

Il nome tortello sembra derivare dalla parola “torta”. In origine il termine indicava due sfoglie non commestibili di farina e acqua a forma di cestello, indurite da una cottura al forno e destinate a trasportare il cibo. Possiamo vedere in esse due “mense”, quei primitivi piatti di farina e acqua già citati da Virgilio nell’Eneide, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, sulle quali veniva poggiato il cibo, sovrapposte per formare un contenitore.

La varietà di zucca lagenaria

Nel Medioevo le “torte” erano piuttosto diffuse in Europa e, stando alle fonti, erano ancora destinate al trasporto del cibo. Solo durante il Rinascimento qualcuno pensò di rendere l’involucro commestibile e di bollirlo insieme al contenuto. Da quest’intuizione al tortello il passo è stato breve.

Mantova e Ferrara condividono quest’antica ricetta, seppure con le dovute differenze locali. Le fonti suggeriscono che la prima corte a sfoggiare nel corso dei suoi banchetti la sfoglia ripiena di zucca sia stata quella di Ferrara. Infatti, i tortelli di zucca sono menzionati già nel 1549 all’interno del ricettario Banchetti composizione di vivande e apparecchio generale di Cristoforo da Messisbugo scalco, cioè cuoco e cerimoniere, al servizio dei duchi d’Este. Successivamente anche l’aristocratico Giovan Battista Rossetti, scalco presso la stessa corte, nel suo monumentale ricettario, intitolato Dello Scalco, pubblicato a Ferrara nel 1584, menziona un piatto chiamato Tortelli di zucca con butirro, ovvero conditi col burro, la cui unica differenza dall’odierna ricetta dei cappellacci consiste nella presenza di spezie come cannella, pepe e zenzero, non più presenti nel ripieno della ricetta attualmente in uso che prevede solo zucca, parmigiano, uovo, noce moscata e sale.

I cappellacci ferraresi

Un piatto semplicissimo dunque, che consiste in una sfoglia all’uovo non troppo sottile, tagliata in quadrati con i lati di lunghezza compresa tra 5 e 9,5 cm. Ogni quadrato viene poi farcito con un ripieno i cui ingredienti vanno sapientemente dosati, seguendo la ricetta tradizionale. Il vero segreto consiste proprio nella varietà e nella qualità della zucca, il cui sapore deve risaltare senza essere dominante. La consistenza del ripieno deve essere morbida, con un gusto tondo, ricco di contrasti tra il dolce della zucca, il salato del formaggio e l’aroma pungente della noce moscata. Una volta farcito, ogni quadrato viene chiuso a triangolo sul ripieno e arrotolato intorno al dito per dargli la forma tipica del cappellaccio. Il nome primitivo di tortelli venne cambiato infatti in cappellacci, italianizzazione di caplaz, nome locale del cappello di paglia a tesa larga, tipico dei contadini della pianura padana, che descrive la forma di questo tortello.

Cappellacci ferraresi

La tradizione vuole che venga utilizzata la Zucca Violina (Cucurbita muschata) tipica del ferrarese la cui dolcezza, fondendosi agli aromi degli altri ingredienti, conferisce una delicata vena agro-dolce al risultato finale. Alcuni esperti però, tra cui quelli del Gambero Rosso, raccomandano la Zucca Marina di Chioggia (Cucurbita maxima), altro prodotto particolare coltivato nelle zone rivierasche del delta del Po, le cui acque salmastre conferiscono alla sua polpa dolce una sapidità pronunciata e una consistenza farinosa dopo la cottura, che ben si adatta a questo tipo di preparazione. Il condimento tipico dei cappellacci è burro e salvia, ma qualcuno preferisce il sugo di pomodoro, e ovviamente abbondante parmigiano.

I tortelli mantovani

Dall’Emilia Romagna alla Lombardia il passo è breve e a circa cento chilometri da Ferrara la città di Mantova vanta anch’essa il suo piatto simbolo a base di zucca: i tortelli mantovani.
La raffinata corte dei Gonzaga, che governarono Mantova dal 1320 al 1707, famosa per la buona cucina e l’accoglienza, attirò i migliori cuochi dell’epoca, e di tortelli in questa città se ne parla fin dal 1521, quando il poeta maccheronico Teofilo Folengo ne accennò nel suo Libro Primo del Baldus. Purtroppo non ci è dato sapere se nella varietà di ripieni fosse inclusa la zucca, ragion per cui per il momento il primato storico documentabile nell’impiego della zucca quale protagonista del ripieno resta a Ferrara.

Molti dei cuochi giunti a Mantova erano di origine ebraica, e nel 1629 venne proclamato un editto che li espelleva dal territorio dei Gonzaga. Diversi di questi cuochi e pastai fuggirono verso i centri limitrofi, diffondendo in queste zone, e in seguito in Emilia, la tradizione del tortello di zucca in più varianti.
Secondo Giovanni Ballarini, Professore Emerito presso l’Università di Parma e accademico della Delegazione di Parma dell’Accademia Italiana della Cucina, sono quattro i sapori di base del tortello: dolce, salato, amaro e piccante. Su questi quattro gusti si giocano le diverse ricette.

I tortelli mantovani – foto: Gail

Il ripieno dei tortelli mantovani è più complesso, un po’ più rinascimentale di quello dei cappellacci ferraresi, essendo arricchito dalla presenza di due prodotti tipici del territorio lombardo: amaretti e mostarda. Inoltre, il loro aspetto assomiglia molto a quello dei ravioli, ma con una forma rettangolare. Per il ripieno viene utilizzata di preferenza la Zucca Mantovana (Cucurbita maxima) chiamata anche Cappello del prete a causa della sua forma che ricorda vagamente un turbante, coltivata in tutta la parte bassa della pianura padana, anch’essa dal gusto dolce e delicato. I tortelli di zucca partono dagli stessi ingredienti dei cappellacci ai quali vengono aggiunti, come già accennato, degli amaretti, tipici biscotti lombardi non troppo dolci, e una mostarda di mele abbastanza ricca di senape. Per fare i tortelli la sfoglia va stesa piuttosto sottile e poi tagliata in rettangoli di circa 6 x 3,5 cm, al centro si mette un po’ di ripieno e poi si ricopre la base con un altro rettangolo.

Tradizionalmente i tortelli di zucca vengono conditi con burro fuso in tegame, leggermente scurito e aromatizzato con salvia. Nel basso mantovano si usa preparare anche un condimento di cipolla, pomodoro e salamella soffritti nel burro. Ovviamente non può mancare una spolverata di parmigiano.
I tortelli mantovani sono un ricco piatto di “magro” e vengono tradizionalmente consumati durante la cena della vigilia di Natale.

La varietà di zucca lagenaria

Sagre ed eventi

A differenza del resto d’Italia la zucca è ampiamente e lungamente celebrata sia nel mantovano sia nel ferrarese. Numerosi sono gli appuntamenti e le iniziative che riuniscono gli estimatori di questo ortaggio nel periodo di maturazione e raccolta, che va da settembre a dicembre.

Da segnalare l’evento annuale promosso dal Consorzio Agrituristico Mantovano, Di Zucca in Zucca, dall’8 settembre fino all’8 dicembre, giunto nel 2018 alla sua ventiduesima edizione. Per chi volesse imparare a fare i tortelli di zucca, e altre squisitezze simili, segnaliamo l’agriturismo Loghino Sabbioni a Suzzara dove la titolare, la signora Fiorenza Nosari, organizza dei corsi di cucina appositi per gruppi preorganizzati di almeno otto persone, fino alla fine di gennaio, periodo sino al quale può garantire la conservazione naturale delle sue zucche.

Nella provincia di Ferrara le innumerevoli sagre dedicate ai Cappellacci di zucca IGP si susseguono a partire da agosto fino agli inizi di novembre e altrettanto innumerevoli sono i ristoranti dove poterli gustare sia nella versione tradizionale sia nelle variazioni personalizzate dai segreti degli chef.

Laura Marsano

Studi classici. Laureata in psicologia a Padova, con un Master in Educazione dell’US International University, Campus San Diego CA. Da sempre appassionata di arte, letteratura, linguistica e antropologia. Ha avuto esperienza internazionale in campo accademico come insegnante di lingua e cultura italiana, materie artistiche e psicologiche. Da molti anni svolge attività di traduttrice di testi letterari e generici. Dagli anni ’80 collabora con riviste di arte e cultura, sia in Italia che all’estero.

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